domenica 22 gennaio 2012

Cammino neocatecumenale, la tattica del negare sempre. Ma paga ancora?

La confusione generata dalla nota ufficiale del Cammino sull’approvazione delle celebrazioni è indice di un più radicale atteggiamento degli iniziatori, che di fronte alle criticità concrete vissute nelle parrocchie hanno sempre risposto negando che vi fossero problemi.

Il fatto che su un singolo decreto della Santa Sede possano esserci interpretazioni così divergenti, e che la confusione che ne deriva si propaghi non solo sui giornali e sui mezzi di comunicazione, ma anche all’interno delle singole comunità neocatecumenali (che sulla questione dovrebbero essere assai ferrati) la dice lunga sul modo quanto meno superficiale di presentare atti e decisioni così rilevanti. In questi giorni, se ci si rivolge agli stessi appartenenti al Cammino, a quelle migliaia e migliaia di persone, soprattutto giovani, che formano le singole comunità e che, in linea di massima, con coerenza e senza alcun genere di integralismo, vivono il loro percorso di fede come uno dei tanti percorsi di fede presenti nella Chiesa, se ci si rivolge ad essi affermando che la Santa Sede ha dato l’approvazione alle celebrazioni del Cammino è assai frequente che ci si senta rispondere: “Ma perché, non avevano già approvato tutto?”. Naturale: è da anni che i responsabili del Cammino fanno passare il messaggio che “tutto è stato approvato” e che “il papa è con noi”. Ma se tutto era già stato approvato e la pratica era ormai chiusa, perché mai – iniziano a chiedersi – si susseguono le approvazioni (questa è la terza in cinque anni)? Perché non tutto, appunto, era stato approvato. E sulla Messa al sabato, l’aspetto più delicato, i problemi – come abbiamo visto – non sono finiti.
In tutto ciò, ma questo è un discorso più ampio, non si può tacere il fatto che non aiuta a rendere chiara la situazione il sostanziale silenzio della Santa Sede, che ha provveduto alla pubblicazione del decreto del Pontificio Consiglio per i Laici senza sentire la benché minima necessità di una nota esplicativa, che si sarebbe potuta diffondere attraverso la Sala Stampa della Santa Sede. In questo modo si è favorita e si favorisce tuttora la confusione e il dubbio che il decreto riguardi anche la Messa celebrata nelle comunità: confusione alimentata dal comunicato stampa emesso dal Cammino Neocatecumenale. Di questo la Santa Sede avrebbe potuto tener conto. Del resto, che le comunicazioni al mondo esterno e ai media da parte dei vertici del Cammino non brillino mai per chiarezza è un dato di fatto: ne abbiamo fatto esperienza anche gli anni passati. Prevedere delle contromisure sarebbe stato sensato.

Detto questo, però, tutto ciò non è avvenuto per caso. Non è un semplice errore di natura giornalistica, non è una semplice carenza professionale di chi cura le relazioni con la stampa e invece di sintetizzare in modo efficace un iter effettivamente complesso riesce solo a semplificare e ingenerare confusione. Il punto è che questa modalità di lavoro poco precisa è perfettamente coerente con l’impostazione generale che i responsabili del Cammino si sono dati in tutti questi anni: negare che vi siano dei problemi, negare che vi siano delle criticità, negare che vi siano dei fattori che talvolta creano disagio nelle singole parrocchie o nelle singole diocesi e che meritano tutta la loro considerazione e la loro attenzione per essere superate. Affermare che accade che nelle parrocchie le comunità neocatecumenali siano percepite come dei corpi estranei, o come delle realtà ghettizzanti, o come dei circoli esclusivi abituati a fare tutto da sé, perfino la messa, non significa calunniare il Cammino, ma far emergere un problema che va risolto, per il bene stesso del Cammino, oltre che per quello di tutta la Chiesa. Affermare che vi sono diocesi – e sono tante – nelle quali con il vescovo si è ai ferri corti non significa denigrare il Cammino, ma porre un problema che deve essere risolto e che non si supera facendo il lungo elenco dei vescovi che “sono nostri amici” o dei cardinali “che ci hanno raggiunto per questo nostro incontro”, come in ogni occasione non manca di fare l’iniziatore Kiko Arguello. E’ vero: questa chiusura può essere una naturale risposta ad accuse che nel corso dei decenni sono state molto dure e talvolta oggettivamente infondate, ma è una modalità che non può essere perpetuata ancora. Non si possono negare le criticità, non si possono negare in pubblico ma soprattutto non possono essere sottovalutate (e men che meno avvallate) in privato, a maggior ragione se immancabilmente vengono citate dal papa nei discorsi rivolti al Cammino. E’ su questo che dai vertici del Cammino dovrebbe arrivare un segno concreto. In caso contrario, si rafforza l’impressione che cerchino ogni volta di farla franca, ascoltando solo ciò che vogliono ascoltare.

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