Nella spianata dell’incontro con il papa, lunedì pomeriggio l’incontro vocazionale delle comunità neocatecumenali: centinaia di giovani rispondono all’appello. Arguello: “Sull’ok agli Statuti ho avuto la conferma del segretario di Stato”
MONTORSO (Loreto) - Il giorno dopo, sono ancora lì. Dopo i gemellaggi nelle diocesi, le missioni nelle piazze, le due giornate con il papa e con tutti gli altri giovani dell’Agorà, loro ritornano sul posto, a Montorso, e cantano, suonano, ascoltano, pregano, fanno silenzio. E qualcuno comprende e manifesta, davanti a tutti, la “chiamata della vita”: diventare sacerdoti o religiose, missionarie o consacrati. Alcuni fra loro lo diventeranno certamente.
Il giorno dopo il papa, Montorso è solo per il popolo del Cammino Neocatecumenale. Sono 100mila, viene detto, e se le proporzioni hanno un senso il numero è attendibile: il colpo d’occhio è notevole, i primi due settori di fronte al palco, parterre compreso, sono affollati di giovani e di chitarre.
Un quarto, forse un terzo dell’intera Agorà, è ancora qui. E’ l’incontro nazionale con gli iniziatori del Cammino (Kiko Arguello e Carmen Hernandez, e con padre Mario Pezzi), e con loro per questo appuntamento vocazionale, tutto orientato alla scoperta della “chiamata di Dio per te”, c’è anche il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, mons. Stanislaw Rylko. Presenza di un certo peso, in tempi come questi nei quali si attende da due mesi la decisione del suo dicastero sulla sorte degli Statuti del Cammino, approvati per cinque anni con la formula ad experimentum il 29 giugno 2002. Presenza di peso soprattutto se poi, parlando ai giovani, li ringrazia per la loro “straordinaria testimonianza di fede”, per lo “spettacolo di fede profondo”, per il loro “entusiasmo e amore per Cristo”, per star lì a dimostrare che “essere cristiani è bello”.
Parole eloquenti, ma non quanto quelle che, a proposito degli Statuti, Kiko pronuncia davanti ai 100mila di Montorso : “Il papa è contento, avremo l’approvazione degli Statuti del Cammino Neocatecumenale: quindici giorni fa me lo ha confermato anche il segretario di Stato”. Il tutto a ribadire che il Cammino si attende a breve – e ha certezza che così sarà – l’ok definitivo al documento che, fra l’altro, regola i rapporti con la Santa Sede e i vescovi diocesani. Rapporti con i vescovi diocesani che, in verità, tanto idilliaci con tutti proprio non sono: Kiko non ne parla con i cronisti, ma con il suo popolo sì, e apertamente, quando ricorda le difficoltà percorse in questi quarant’anni di vita e quelle ancora esistenti (“…le diocesi che ci detestano e quelle che non ne vogliono sapere niente di noi…”), per concludere che “niente si può fare nella Chiesa senza incomprensioni e difficoltà” e “delle difficoltà occorre essere contenti perché il giorno che non ne avremo saremo finiti”.
In questo giorno, comunque, in questo lunedì di sole, Kiko problemi non sembra proprio averne. Anzi, va tutto alla perfezione: ad ascoltarlo, a sentirlo parlare e catechizzare, a vederlo muoversi sul palco in quello che somiglia molto ad un “one man show”, uno spettacolo che ruota intorno alla sua verve, alla sua chitarra, alla sua voglia di comunicare un messaggio di speranza e fiducia, ci sono i vescovi di quasi tutte le Marche: c’è il vescovo di Loreto, l’unico che prenderà la parola per salutar tutti e ricordare che “ormai a Loreto siete di casa, tutte le settimane ritmate le nostre strade con la vostra preghiera e i vostri canti per incontrare la ‘madre del si’", e con lui ci sono Menichelli e Giuliodori, i titolari delle diocesi di Ancona e Macerata, e poi con Fano anche qualche innesto calabrese, con i vescovi di Reggio Calabria e Lamezia Terme, e qui e là anche qualche vescovo polacco. Va tutto alla perfezione non solo perché ci sono i vescovi che ascoltano e benedicono, ma anche perché sul palco, sul far della sera, praticamente non ci entrano neppure, da quanti sono, i giovani che si sono sentiti “chiamati”: 2mila ragazzi e 1200 ragazze, dice Kiko, e per quanto lui abbondi un po’ (erano molte centinaia, e probabilmente nell’ordine di un migliaio complessivamente), ciò toglie poco all’importanza di avere di fronte ragazzi e ragazze pronti a cambiare vita, a “donarla interamente al Signore”, a diventare preti e suore.
Certo, fra i tanti che all’appello di Kiko (“Se qualcuno si sente chiamato dal Signore venga qui”) si sono “alzati” si notano anche bambini di poco più di sette anni, e facce che danno l’impressione più di scherzare che di fare sul serio; ma con questi ci sono anche tanti, tantissimi giovani sui volti dei quali si legge la gioia e la paura per una decisione nuova, una decisione per la vita. Inginocchiate di fronte al ritratto di Cristo, prima che i vescovi impongano a tutti loro le mani sul capo in segno di incoraggiamento ad andare avanti e di preghiera ad essere perseveranti, colpiscono i volti di due giovani ragazze: una è bionda, capelli a caschetto e occhi azzurri, dai quali scendono lacrime e lacrime. Piange, e ha il volto felice. L’altra è nera, nera africana, la pelle scura e un sorriso di fronte al quale puoi solo fermarti. Guardarlo e gustarlo. Là attorno è un fiorire di macchine fotografiche e cellulari, e ci sono anche gli abbracci degli amici e delle amiche, e di tutti i “fratelli di comunità”. Per chi si è alzato, il futuro è fatto di un incontro con i propri catechisti, di un ritiro (convivenza) al Centro internazionale di Porto San Giorgio e poi di una nuova destinazione, in ogni parte del mondo. Per i ragazzi, ci sono certamente settanta seminari Redemptoris Mater, aperti proprio dal Cammino.
Del resto, non che manchi l’internazionalità, al Cammino neocatecumenale. Il benvenuto di Kiko era stato una sorta di grande appello geografico: a Montorso sventolano le bandiere e pregano con lui comunità di tutta Europa, da Svezia, Finlandia, Danimarca e Norvegia fino all’Olanda, dalla Germania all’Austria, dalla Polonia (sono in seimila) all’Ucraina, dalla Bielorussia all’Albania, chiassosi e visibili, questi ultimi, proprio di fronte al palco. Ci sono gli spagnoli (10mila, dice Kiko), e ci sono – numerosi – gli appartenenti delle comunità di Israele e Palestina. E poi ancora maltesi, bosniaci, macedoni, serbi, croati, turchi. “Mamma li turchi!”, esclama divertito l’iniziatore del Cammino. Arrivano anche dalla Corea e dall’Australia, e viene nominato anche il Madagascar. Dodici mila in tutto, da oltre confine, e poi gli italiani, regione per regione, che urlano e saltano quando vengono nominati dal palco. Il loro esser felici d’esserci.
Tutto l’incontro pomeridiano prepara al momento conclusivo, quello della chiamata. Si prega perché “il Signore della messe mandi operai per la sua messe”, si leggono le letture del giorno, si proclama il Vangelo, si ripete il cuore dell’annuncio cristiano: “Dio ti ama, adesso, così”. Fa quasi tutto Kiko, che insiste, muovendosi avanti e indietro per il palco, tenendo il palcoscenico da oratore esperto per quanto sui generis, ricordando che “è ora il momento favorevole: quando meglio di adesso devi far entrare Cristo nella tua vita? Devi forse aspettare che tua madre muoia di cancro? Ora! Ora è il momento favorevole!”. L’esempio che serve a rendere concreto (pure troppo) il messaggio, nel contesto globale scivola liscio, quasi non ci si fa caso. Dopo il Vangelo, quando Kiko cede il campo, tocca a mons. Rylko: “La chiamata di Dio non è una storia lontana. E’ presente. E’ ora. Ora Cristo passa in mezzo a voi, e dice ‘Ho bisogno della tua bocca per proclamare la buona notizia, per annunciare la luce della verità’. Come ha detto il papa, non siete l’evento di un caso o di una coincidenza. Sei stato voluto da Dio, Dio ti ha pensato personalmente, ha nei tuoi confronti un disegno di vita e di amore. Cerca di scoprirlo e cerca di dire si a ciò che il Signore chiede a te. Se il Signore passa e ti dice ‘Seguimi!’ quale sarà la tua risposta stasera? Maria ha dato il suo ‘si’, Maria insegna a non avere paura di dire si a Dio, un si totale e incondizionato, senza se e senza ma. Chi sceglie Cristo non perde nulla, Cristo non toglie niente a dona tutto”.
Non ci sono solo le parole di Rylko per i ragazzi di Montorso : c’è l’ebbrezza di un canto nuovo composto da Kiko “appositamente per l’occasione”, con tanto di applausi mentre l’autore annuncia che l’avvio è a ritmo di flamenco, e partono sorrisi e divertiti commenti (“Mah, sembra più una rumba”, mormora qualcuno). C’è spazio anche per Carmen e padre Mario Pezzi. Entrambi invitano a lasciarsi guidare da Dio, ed entrano decisi nelle dinamiche e nelle contraddizioni del mondo: “sesso”, “pornografia”, “masturbazione”, “la famiglia combattuta dalle leggi dello Stato”, “l’aborto” nelle parole di Carmen, la disperazione dei giovani in quelle di padre Mario. Riferendosi alle provocazioni forti lanciate sabato davanti a Benedetto XVI durante la veglia dell'Agorà, dice: “Avete sentito sabato nella veglia del papa le testimonianze dei giovani delle parrocchie: quanto sconcerto! Quanto disorientamento! E questi sono i giovani delle parrocchie… Immaginatevi gli altri! Quanta disperazione! Voi avete un dono immenso, di poter vivere in comunità in cui il Signore vi dà delle certezze e non dei dubbi. Perseverate!”. Persevereranno, certo, i giovani neocatecumenali. Come in verità perseverano, fidandosi di Dio, anche “i giovani delle parrocchie”, e la speranza è che lo sappiano e ne siano ben consapevoli, i ragazzi che affollano Montorso anche il lunedì. Vista la realtà di molte parrocchie, vista la troppa distanza fra i ragazzi "delle parrocchie" e quelli "delle comunità", andrebbero forse enfatizzati i motivi che uniscono, più che le differenze, vere o presunte.
Il sole sta per tramontare, la Protezione Civile ha chiesto, per un deflusso sereno, che l’incontro si concluda con la luce del giorno; la Polizia non è tranquilla, all’arrivo la gestione dei pullman e dei parcheggi non è stata ottimale, e qualcuno ha anche attraversato i binari della ferrovia. “Non fatelo fratelli!”, ripeteranno più volte dal palco. Il sole sta per tramontare, e allora arriva il momento della chiamata. Pianti e sorrisi, e poi tutti in viaggio. L’incontro è finito. I vescovi se ne vanno. Kiko lascia la scena. Gli Statuti aspettano. Centomila tornano a casa. Per alcuni fra loro, è stato il giorno che cambia la vita.
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