Nuovo via libera della Santa Sede ai neocatecumenali: dopo gli Statuti e il Direttorio Catechetico, i cui decreti di approvazione erano arrivati rispettivamente nel 2008 e nel 2011, ora è arrivata l'approvazione delle celebrazioni in uso nel Cammino che non sono già normate dai libri liturgici. Fra di esse non c’è – ovviamente - la Messa che i neocatecumenali celebrano il sabato sera, ma il modo poco preciso col quale il decreto è stato presentato dai responsabili del Cammino ha (e non è la prima volta) ingenerato confusione, con il risultato che il messaggio che è passato ai più è proprio quello. Completamente fuorviante. E in questo mare di imprecisione, rischiano di passare in secondo piano anche le parole del papa, che – per chi non vuol far finta di nulla – sono chiare e puntuali.
Il decreto con il quale vengono approvate le celebrazioni in uso nel Cammino che non sono già normate dai libri liturgici è un via libera importante, in qualche modo ovvia e naturale conseguenza dell'approvazione, dodici mesi fa, dei tredici volumi (il “Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale”) che illustrano l'intero percorso di riscoperta del Battesimo e che contengono quelle catechesi degli iniziatori Kiko Arguello e Carmen Hernandez che vengono riproposte dai catechisti in ogni singola comunità del Cammino. Un segno rilevante, questo nuovo via libera, della fiducia che la Santa Sede ripone nel Cammino Neocatecumenale, che a poco più di 40 anni dalla sua “invenzione” si vede ormai pienamente riconosciuto e approvato dal Vaticano. Un traguardo non facile e tutt'altro che scontato. Ad oggi, il Cammino neocatecumenale è riconosciuto come un percorso di formazione valido, che viene definito nei suoi tratti essenziali dagli Statuti (approvati in forma definitiva nel 2008 dopo sei anni di formula ad experimentum) e tratteggiato nel dettaglio, dal punto di vista dottrinale e catechetico, dal “Direttorio” approvato dodici mesi fa, ivi comprese – la novità di questo 2012 - le celebrazioni che in esso vi sono contenute. Di per sé, il percorso di approvazione da parte della Santa Sede può ritenersi sostanzialmente concluso, fermo restando che nulla è dato una volta per tutte e che tutto quanto deciso in questi anni è in ogni momento passibile di riconsiderazione da parte della Santa Sede.
Eppure, anche stavolta, come già in passato, non tutto è andato liscio e verosimilmente non tutto continuerà ad andare liscio nella vita quotidiana di questo cammino di formazione. Da un lato c'è la ormai consueta e immancabile confusione sul contenuto preciso dei decreti emessi dalla Santa Sede, confusione generata anzitutto proprio dai responsabili del Cammino neocatecumenale e da quel loro modo (quantomeno così poco puntuale, se non apertamente scorretto) di raccontare gli eventi; dall'altro lato c'è il punto, non ancora chiarito, della pubblicazione del “Direttorio catechetico”, che sarà pure stato approvato nella sua nuova versione rivista e abbondantemente corretta dalla Congregazione per la dottrina della fede, ma che nella pratica continua a rimanere un testo riservato, in uso solamente ai catechisti del Cammino. Il tutto, in un contesto in cui i principali appunti che vengono mossi all'intero movimento (uno su tutti: la scarsa attenzione all'unità con il resto della comunità parrocchiale, con tutti coloro che non appartengono alle comunità del Cammino) vengono dai vertici del Cammino Neocatecumenale apertamente negati e nel concreto sostanzialmente ignorati, come se si trattasse di accuse infondate o di problemi inesistenti. Quando inesistenti, in realtà, davvero non sono. Anche perché, ad ogni udienza papale, vengono evocate e sottolineate – per chi le vuol sentire - dal Pontefice in persona. E’ successo anche stavolta.
IL DECRETO: COSA C’E’ – Il decreto del Pontificio Consiglio per i Laici, testualmente, “concede l’approvazione a quelle celebrazioni contenute nel Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale che non risultano per loro natura già normate dai libri liturgici della Chiesa”. Si tratta di quei riti che accompagnano tutto il percorso di formazione del singolo nelle sue varie tappe di formazione: nel dettaglio, i riti che accompagnano il “primo scrutinio”, lo “Shemà” e il “secondo scrutinio” (passaggi con i quali si passa prima dalle catechesi iniziali al pre-catecumenato e poi da quest’ultimo al catecumenato vero e proprio) e ancora i riti legati all'iniziazione alla preghiera, alla consegna del Salterio, alla consegna del Credo (la Traditio Symboli), alla confessione pubblica della propria fede (la Redditio Symboli), alla consegna del Padre Nostro, e via continuando fino al rito del Rinnovo delle promesse battesimali, che di fatto è il culmine ultimo del Cammino neocatecumenale. Approvate anche le parti delle celebrazioni della Parola di Dio (sono settimanali, ne parlano anche gli Statuti) e delle celebrazioni penitenziali (hanno cadenza mensile) che già non siano regolate altrove.
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E COSA NON C’E’ (ANCHE SE VOGLIONO FARLO CREDERE) – Non si fa alcuna menzione, nel decreto, delle celebrazioni che sono già normate dai Libri liturgici: non c’è la Liturgia delle Ore e ovviamente e naturalmente non c’è la Celebrazione Eucaristica, non c’è la Santa Messa. Ma purtroppo il messaggio che rischia di passare – e sta passando – è proprio questo: è stata approvata la celebrazione del sabato sera nelle comunità, è stata approvata la “messa dei neocatecumenali”. Un’interpretazione che si va diffondendo sui mezzi di comunicazione – e anche fra non pochi appartenenti al Cammino – a causa soprattutto della nota ufficiale emessa dai responsabili del Cammino neocatecumenale (diffusa alla stampa di tutto il mondo e riportata sul sito web ufficiale). Una nota che semplifica oltremodo quanto accaduto e che, sintetizzando troppo, di fatto induce in errore generando una grandissima confusione sui termini reali di quanto approvato. In tutto questo, non ha certo aiutato il fatto che la Santa Sede, rendendo noto il decreto, non gli abbia affiancato alcun commento o alcuna nota esplicativa: forse stavolta era necessaria.
LA MESSA, ECCO LA SITUAZIONE - In verità, non esiste (o non dovrebbe esistere) alcuna “messa dei neocatecumenali”: la Messa è una sola, quella regolata dai libri liturgici, alla quale nelle comunità del Cammino si applicano alcune eccezioni, che sono ben circoscritte, definite nel dettaglio dagli Statuti o nei documenti ufficiali della Santa Sede. Il decreto del 2012 non tocca affatto questo aspetto e le regole in vigore sono quelle disegnate dopo l’approvazione degli Statuti, nel giugno 2008. In breve, le comunità del Cammino possono celebrare la Messa il sabato sera, dopo i primi Vespri della domenica, in piccole comunità: sempre devono essere seguiti i Libri liturgici, con due concessioni. La prima è quella che la Comunione viene distribuita sotto le due Specie del pane azzimo e del vino, e che i neocatecumeni la ricevono in piedi restando al proprio posto. La seconda è lo spostamento del rito dello scambio della pace, che viene anticipata a prima dell’offertorio. Stop. Queste sono le uniche eccezioni consentite. Tutto il resto o è già previsto dal Messale romano (è il caso delle monizioni prima delle letture, purché siano “brevi”) o dovrebbe essere modificato perché non previsto, e dunque non concesso (è il caso delle risonanze prima dell’omelia). Nel Cammino molto è cambiato negli ultimi anni, ma le risonanze sono sempre al loro posto. Peraltro, nel corso dell’udienza, il papa ha sottolineato lungamente il senso della concessione della Messa al sabato sera in piccole comunità (fini esclusivamente pastorali) e ha ribadito che l’obiettivo è quello di “inserire il singolo nella vita della grande comunità ecclesiale”, a partire dalla celebrazione domenicale della parrocchia. Un obiettivo che vale sempre: durante i lunghi anni del cammino, dice il papa, è “importante non separarsi dalla comunità parrocchiale”. Insomma, la messa del sabato sera è fatta per unire, non per dividere; per inglobare, non per separare le comunità neocatecumenali dal resto della comunità parrocchiale. Concetti, questi, su cui il Cammino ancora una volta è chiamato a riflettere.
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NEGARE, ANCHE L’EVIDENZA – Ed è chiamato a rifletterci su perché, nonostante tutto, la parola d’ordine dei responsabili sembra essere quella di negare, negare, fortissimamente negare che ci sia qualcosa che non vada, che nel Cammino si siano generate delle criticità che quanto meno sarebbe onesto vedere, per poterci lavorare sopra. Per salvaguardare meglio l’unità delle parrocchie e della Chiesa. Per evitare che un percorso che è un “dono dello Spirito Santo” e che tanto bene sta facendo nella Chiesa possa talvolta portare divisione. Purtroppo, in tutti questi anni e ancora oggi, a giudicare dalla nota sul decreto, i vertici del Cammino (gli iniziatori Kiko Arguello e Carmen Hernandez, con don Mario Pezzi) preferiscono semplificare: “Tutto va bene, la Santa Sede ha approvato tutto, il papa è con noi”. Col risultato che, alla lunga, perdono anche di credibilità: in questi giorni, se ci si rivolge a quelle migliaia e migliaia di persone neocatecumenali, soprattutto giovani, che formano le singole comunità (e che, in linea di massima, con coerenza e senza alcun genere di integralismo, vivono il loro percorso di fede come uno dei tanti percorsi di fede presenti nella Chiesa) e si afferma che la Santa Sede ha dato l’approvazione alle celebrazioni del Cammino, la risposta più frequente che si ottiene è: “Ma perché, non avevano già approvato tutto?”. E in molti pensano, sbagliando, che il decreto abbia approvato proprio la Messa del sabato sera, che invece non c’entra nulla. No, in tutto questo c’è qualcosa che non va.
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UNITA’ E LITURGIA: E SE LO DICE IL PAPA, FORSE… – Non va anche e soprattutto perché dovrebbe essere inconcepibile negare che vi siano alcuni problemi sul versante dell’unione ecclesiale e sul versante della liturgia quando – guarda caso – ogni volta che incontra le comunità del Cammino il papa si concentra proprio su questi due aspetti: unità con il vescovo diocesano, rispetto dei libri liturgici, comunione ecclesiale. Così è stato anche nell’udienza del 20 gennaio 2012, dove il papa, riconoscendo l’opera preziosa del Cammino, ha invitato a dare attenzione “all’unità e all’armonia dell’intero corpo ecclesiale” e ha impartito una vera e propria lezione su cosa sia la liturgia e sul senso delle eccezioni riconosciute al Cammino. Non è un caso che il pontefice si concentri sempre su questi aspetti. Riconoscere, da parte del Cammino, che al riguardo c’è del lavoro da fare, e una volta per tutte anche farlo, sarebbe la cosa più sensata e sana che i suoi responsabili potrebbero e dovrebbero fare. Del resto, se lo dice il papa, forse si potrebbe anche dargli retta.
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domenica 22 gennaio 2012
Neocatecumenali, il papa si concentra su unità e liturgia. E non è un caso
L’unità nella Chiesa e la liturgia. Sono i due passaggi che restano del discorso del papa alle comunità del Cammino neocatecumenale di venerdì 20 gennaio 2012. Unità e liturgia: non a caso due ambiti nei quali il Cammino, storicamente, ha avuto aspetti critici. Indicazioni per il futuro, raccomandazioni cruciali che il papa lascia alla riflessione dei neocatecumenali, come in un programma da realizzare per il bene stesso del Cammino e della Chiesa tutta.
Certo, dal papa è arrivato anche il ringraziamento per la testimonianza di fede visibile nel mondo e un nuovo riconoscimento del Cammino come “particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi”, ma è su quei due aspetti che Benedetto XVI insiste maggiormente, arrivando a fare una vera e propria lezione teologica sulla liturgia, con una serie di indicazioni nette e precise sul senso della celebrazione eucaristica e sulla necessità di agire sempre facendo attenzione all’unità della Chiesa. Benedetto XVI invita a dare attenzione all’unità e all’armonia dell’intero corpo ecclesiale: “Nella vostra preziosa opera – dice - ricercate sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i Pastori delle Chiese particolari, nelle quali siete inseriti: l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono un’importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo”. Il papa afferma che è vero che è necessario “un profondo rapporto personale con Cristo, nell’ascolto della sua parola e nel percorrere il cammino che ci ha indicato”, ma puntualizza e ricorda che questo “avviene anche inseparabilmente nel credere con la sua Chiesa, con i santi, nei quali si fa sempre e nuovamente conoscere il vero volto della Sposa di Cristo”. Non è una novità: il papa punta sull’unità, e la chiede non solo nelle situazioni ordinarie, ma anche nelle missio ad gentes, nell’evangelizzazione delle zone che sono diventate indifferenti alla fede: “Il vostro impegno e la vostra testimonianza siano come il lievito che, con pazienza, rispettando i tempi, con sensus Ecclesiae, fa crescere tutta la massa”. Con “pazienza”, dice il papa, “rispettando i tempi”, quindi non forzando nessuno, non cercando risultati immediati, avendo riguardo al bene di tutta la Chiesa.
Benedetto XVI ha fatto riferimento al decreto “con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel "Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale", che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede”, e ne parla come di un “altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae”. Non siete soli, dice in pratica: ci siete in quanto parte dell’intera Chiesa. E qui fa partire “un breve pensiero sul valore della liturgia” che in realtà è una vera e propria lezione: il papa dice che “passione, morte e risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici, ma trascendono la storia e nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso mistero pasquale: “Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della liturgia, l’entrare nella presenza del Mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo”. Questo – precisa il papa – “vale in modo specialissimo per la celebrazione dell’Eucaristia, che, essendo il culmine della vita cristiana, è anche il cardine della sua riscoperta, alla quale il neocatecumenato tende”. E qui il papa, continuando la lezione, fa una disamina del senso e delle modalità della celebrazione Eucaristica, cioè della Santa Messa, così come viene celebrata nelle comunità neocatecumenali. Sull’oggetto del decreto di approvazione dei riti inseriti nel Direttorio catechetico il papa non spende parole, ma sul resto – su ciò che nel decreto non c’è – ci ricama sopra la parte più importante della sua omelia. Perché è cruciale, e perché è bene che in questo campo le cose siano chiare.
Anzitutto, perché i neocatecumenali celebrano il sabato in piccole comunità? Per un’unica ragione: “al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata”. Tale celebrazione si compie, ovviamente, “dopo i primi Vespri della domenica, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano”. “Ogni celebrazione eucaristica – spiega Benedetto XVI - è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa: questo carattere pubblico della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale”. Nel concreto, dunque, “la celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità”. Insomma, la messa del sabato sera esiste perché c’è un fine esclusivamente pastorale e non le rende avulse dal resto della Chiesa. Infatti, dice il papa al Cammino, “la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato, la sua forma ordinaria”. Come dire: la messa del sabato sera nella singola comunità è funzionale a facilitare l’inserimento del singolo nella vita della parrocchia. Non deve diventare un luogo a parte rispetto ad essa, non deve separare, non deve favorire la divisione all’interno della parrocchia, ma deve inglobare, coinvolgere, dare una prospettiva realmente ecclesiale. Questo è il fine della possibilità di celebrare in piccole comunità. Benedetto XVI indica insomma al Cammino che non si può fare della Messa un momento di separazione ma che l’obiettivo deve essere “l’inserimento del singolo nella vita della grande comunità ecclesiale”, ad iniziare dalla “celebrazione liturgica della parrocchia”. E precisa, il pontefice, a scanso di equivoci, che questa cosa deve avvenire non una volta che il singolo abbia terminato il pluridecennale percorso di formazione che è il Cammino, ma subito, immediatamente: “Ma anche durante il cammino – afferma infatti Benedetto XVI - è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo”.
Ecco il testo integrale del discorso del papa.
Cari fratelli e sorelle,
anche quest’anno ho la gioia di potervi incontrare e condividere con voi questo momento di invio per la missione. Un saluto particolare a Kiko Argüello, a Carmen Hernández e a Don Mario Pezzi, e un affettuoso saluto a tutti voi: sacerdoti, seminaristi, famiglie, formatori e membri del Cammino Neocatecumenale. La vostra presenza oggi è una testimonianza visibile del vostro gioioso impegno di vivere la fede, in comunione con tutta la Chiesa e con il Successore di Pietro, e di essere coraggiosi annunciatori del Vangelo.
Nel brano di san Matteo che abbiamo ascoltato, gli Apostoli ricevono un preciso mandato di Gesù: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli" (Mt 28, 19). Inizialmente avevano dubitato, nel loro cuore c’era ancora l’incertezza, lo stupore di fronte all’evento della risurrezione. Ed è Gesù stesso, il Risorto – sottolinea l’Evangelista – che si avvicina a loro, fa sentire la sua presenza, li invia ad insegnare tutto ciò che ha comunicato loro, donando una certezza che accompagna ogni annunciatore di Cristo: "Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20). Sono parole che risuonano forti nel vostro cuore. Avete cantato Resurrexit, che esprime la fede nel Vivente, in Colui che, in un supremo atto di amore, ha vinto il peccato e la morte e dona all’uomo, a noi, il calore dell’amore di Dio, la speranza di essere salvati, un futuro di eternità.
In questi decenni di vita del Cammino un vostro fermo impegno è stato di proclamare il Cristo Risorto, rispondere alle sue parole con generosità, abbandonando spesso sicurezze personali e materiali, lasciando anche i propri Paesi, affrontando situazioni nuove e non sempre facili. Portare Cristo agli uomini e portare gli uomini a Cristo: questo è ciò che anima ogni opera evangelizzatrice. Voi lo realizzate in un cammino che aiuta a far riscoprire a chi ha già ricevuto il Battesimo la bellezza della vita di fede, la gioia di essere cristiani. Il "seguire Cristo" esige l’avventura personale della ricerca di Lui, dell’andare con Lui, ma comporta sempre anche uscire dalla chiusura dell’io, spezzare l’individualismo che spesso caratterizza la società del nostro tempo, per sostituire l’egoismo con la comunità dell’uomo nuovo in Gesù Cristo. E questo avviene in un profondo rapporto personale con Lui, nell’ascolto della sua parola, nel percorrere il cammino che ci ha indicato, ma avviene anche inseparabilmente nel credere con la sua Chiesa, con i santi, nei quali si fa sempre e nuovamente conoscere il vero volto della Sposa di Cristo.
È un impegno - lo sappiamo - non sempre facile. A volte siete presenti in luoghi in cui vi è bisogno di un primo annuncio del Vangelo, la missio ad gentes; spesso, invece, in aree, che, pur avendo conosciuto Cristo, sono diventate indifferenti alla fede: il secolarismo vi ha eclissato il senso di Dio e oscurato i valori cristiani. Qui il vostro impegno e la vostra testimonianza siano come il lievito che, con pazienza, rispettando i tempi, con sensus Ecclesiae, fa crescere tutta la massa. La Chiesa ha riconosciuto nel Cammino un particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi e l’approvazione degli Statuti e del "Direttorio Catechetico" ne sono un segno. Vi incoraggio ad offrire il vostro originale contributo alla causa del Vangelo. Nella vostra preziosa opera ricercate sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i Pastori delle Chiese particolari, nelle quali siete inseriti: l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono una importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo.
Care famiglie, la Chiesa vi ringrazia; ha bisogno di voi per la nuova evangelizzazione. La famiglia è una cellula importante per la comunità ecclesiale, dove ci si forma alla vita umana e cristiana. Con grande gioia vedo i vostri figli, tanti bambini che guardano a voi, cari genitori, al vostro esempio. Un centinaio di famiglie sono in partenza per 12 Missioni ad gentes. Vi invito a non avere timore: chi porta il Vangelo non è mai solo. Saluto con affetto i sacerdoti e i seminaristi: amate Cristo e la Chiesa, comunicate la gioia di averLo incontrato e la bellezza di avere donato a Lui tutto. Saluto anche gli itineranti, i responsabili e tutte le comunità del Cammino. Continuate ad essere generosi con il Signore: non vi farà mancare la sua consolazione!
Poco fa vi è stato letto il Decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel "Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale", che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede. E’ un altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae.
Questo fatto mi offre l’occasione per un breve pensiero sul valore della Liturgia. Il Concilio Vaticano II la definisce come l’opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la Chiesa (cfr Sacrosanctum Concilium, 7). A prima vista ciò potrebbe apparire strano, perché sembra che l’opera di Cristo designi le azioni redentrici storiche di Gesù, la sua Passione, Morte e Risurrezione. In che senso allora la Liturgia è opera di Cristo? La Passione, Morte e Risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici; raggiungono e penetrano la storia, ma la trascendono e rimangono sempre presenti nel cuore di Cristo. Nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo Risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso Mistero pasquale, per la nostra salvezza; ci attira in questo atto di dono di Sé che nel suo cuore è sempre presente e ci fa partecipare a questa presenza del Mistero pasquale. Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della Liturgia, l’entrare nella presenza del Mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo – Christus totus caput et corpus – dice sant’Agostino. Nella celebrazione dei Sacramenti Cristo ci immerge nel Mistero pasquale per farci passare dalla morte alla vita, dal peccato all’esistenza nuova in Cristo.
Ciò vale in modo specialissimo per la celebrazione dell’Eucaristia, che, essendo il culmine della vita cristiana, è anche il cardine della sua riscoperta, alla quale il neocatecumenato tende. Come recitano i vostri Statuti, "L’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccola comunità" (art. 13 §1). Proprio al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata, i neocatecumenali possono celebrare l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi Vespri della domenica, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano (cfr Statuti, art. 13 §2). Ma ogni celebrazione eucaristica è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa. Questo carattere pubblico della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 26). La celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità. Al tempo stesso, la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato (cfr Statuti, art. 6), la sua forma ordinaria. Ma anche durante il cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo (cfr 1 Cor 10, 16s).
Coraggio! Il Signore non manca di accompagnarvi e anch’io vi assicuro la mia preghiera e vi ringrazio per i tanti segni di vicinanza. Vi chiedo di ricordarvi anche di me nelle vostre preghiere. La Santa Vergine Maria vi assista con il suo sguardo materno e vi sostenga la mia Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i membri del Cammino. Grazie!
Certo, dal papa è arrivato anche il ringraziamento per la testimonianza di fede visibile nel mondo e un nuovo riconoscimento del Cammino come “particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi”, ma è su quei due aspetti che Benedetto XVI insiste maggiormente, arrivando a fare una vera e propria lezione teologica sulla liturgia, con una serie di indicazioni nette e precise sul senso della celebrazione eucaristica e sulla necessità di agire sempre facendo attenzione all’unità della Chiesa. Benedetto XVI invita a dare attenzione all’unità e all’armonia dell’intero corpo ecclesiale: “Nella vostra preziosa opera – dice - ricercate sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i Pastori delle Chiese particolari, nelle quali siete inseriti: l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono un’importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo”. Il papa afferma che è vero che è necessario “un profondo rapporto personale con Cristo, nell’ascolto della sua parola e nel percorrere il cammino che ci ha indicato”, ma puntualizza e ricorda che questo “avviene anche inseparabilmente nel credere con la sua Chiesa, con i santi, nei quali si fa sempre e nuovamente conoscere il vero volto della Sposa di Cristo”. Non è una novità: il papa punta sull’unità, e la chiede non solo nelle situazioni ordinarie, ma anche nelle missio ad gentes, nell’evangelizzazione delle zone che sono diventate indifferenti alla fede: “Il vostro impegno e la vostra testimonianza siano come il lievito che, con pazienza, rispettando i tempi, con sensus Ecclesiae, fa crescere tutta la massa”. Con “pazienza”, dice il papa, “rispettando i tempi”, quindi non forzando nessuno, non cercando risultati immediati, avendo riguardo al bene di tutta la Chiesa.
Benedetto XVI ha fatto riferimento al decreto “con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel "Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale", che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede”, e ne parla come di un “altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae”. Non siete soli, dice in pratica: ci siete in quanto parte dell’intera Chiesa. E qui fa partire “un breve pensiero sul valore della liturgia” che in realtà è una vera e propria lezione: il papa dice che “passione, morte e risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici, ma trascendono la storia e nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso mistero pasquale: “Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della liturgia, l’entrare nella presenza del Mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo”. Questo – precisa il papa – “vale in modo specialissimo per la celebrazione dell’Eucaristia, che, essendo il culmine della vita cristiana, è anche il cardine della sua riscoperta, alla quale il neocatecumenato tende”. E qui il papa, continuando la lezione, fa una disamina del senso e delle modalità della celebrazione Eucaristica, cioè della Santa Messa, così come viene celebrata nelle comunità neocatecumenali. Sull’oggetto del decreto di approvazione dei riti inseriti nel Direttorio catechetico il papa non spende parole, ma sul resto – su ciò che nel decreto non c’è – ci ricama sopra la parte più importante della sua omelia. Perché è cruciale, e perché è bene che in questo campo le cose siano chiare.
Anzitutto, perché i neocatecumenali celebrano il sabato in piccole comunità? Per un’unica ragione: “al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata”. Tale celebrazione si compie, ovviamente, “dopo i primi Vespri della domenica, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano”. “Ogni celebrazione eucaristica – spiega Benedetto XVI - è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa: questo carattere pubblico della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale”. Nel concreto, dunque, “la celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità”. Insomma, la messa del sabato sera esiste perché c’è un fine esclusivamente pastorale e non le rende avulse dal resto della Chiesa. Infatti, dice il papa al Cammino, “la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato, la sua forma ordinaria”. Come dire: la messa del sabato sera nella singola comunità è funzionale a facilitare l’inserimento del singolo nella vita della parrocchia. Non deve diventare un luogo a parte rispetto ad essa, non deve separare, non deve favorire la divisione all’interno della parrocchia, ma deve inglobare, coinvolgere, dare una prospettiva realmente ecclesiale. Questo è il fine della possibilità di celebrare in piccole comunità. Benedetto XVI indica insomma al Cammino che non si può fare della Messa un momento di separazione ma che l’obiettivo deve essere “l’inserimento del singolo nella vita della grande comunità ecclesiale”, ad iniziare dalla “celebrazione liturgica della parrocchia”. E precisa, il pontefice, a scanso di equivoci, che questa cosa deve avvenire non una volta che il singolo abbia terminato il pluridecennale percorso di formazione che è il Cammino, ma subito, immediatamente: “Ma anche durante il cammino – afferma infatti Benedetto XVI - è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo”.
Ecco il testo integrale del discorso del papa.
Cari fratelli e sorelle,
anche quest’anno ho la gioia di potervi incontrare e condividere con voi questo momento di invio per la missione. Un saluto particolare a Kiko Argüello, a Carmen Hernández e a Don Mario Pezzi, e un affettuoso saluto a tutti voi: sacerdoti, seminaristi, famiglie, formatori e membri del Cammino Neocatecumenale. La vostra presenza oggi è una testimonianza visibile del vostro gioioso impegno di vivere la fede, in comunione con tutta la Chiesa e con il Successore di Pietro, e di essere coraggiosi annunciatori del Vangelo.
Nel brano di san Matteo che abbiamo ascoltato, gli Apostoli ricevono un preciso mandato di Gesù: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli" (Mt 28, 19). Inizialmente avevano dubitato, nel loro cuore c’era ancora l’incertezza, lo stupore di fronte all’evento della risurrezione. Ed è Gesù stesso, il Risorto – sottolinea l’Evangelista – che si avvicina a loro, fa sentire la sua presenza, li invia ad insegnare tutto ciò che ha comunicato loro, donando una certezza che accompagna ogni annunciatore di Cristo: "Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20). Sono parole che risuonano forti nel vostro cuore. Avete cantato Resurrexit, che esprime la fede nel Vivente, in Colui che, in un supremo atto di amore, ha vinto il peccato e la morte e dona all’uomo, a noi, il calore dell’amore di Dio, la speranza di essere salvati, un futuro di eternità.
In questi decenni di vita del Cammino un vostro fermo impegno è stato di proclamare il Cristo Risorto, rispondere alle sue parole con generosità, abbandonando spesso sicurezze personali e materiali, lasciando anche i propri Paesi, affrontando situazioni nuove e non sempre facili. Portare Cristo agli uomini e portare gli uomini a Cristo: questo è ciò che anima ogni opera evangelizzatrice. Voi lo realizzate in un cammino che aiuta a far riscoprire a chi ha già ricevuto il Battesimo la bellezza della vita di fede, la gioia di essere cristiani. Il "seguire Cristo" esige l’avventura personale della ricerca di Lui, dell’andare con Lui, ma comporta sempre anche uscire dalla chiusura dell’io, spezzare l’individualismo che spesso caratterizza la società del nostro tempo, per sostituire l’egoismo con la comunità dell’uomo nuovo in Gesù Cristo. E questo avviene in un profondo rapporto personale con Lui, nell’ascolto della sua parola, nel percorrere il cammino che ci ha indicato, ma avviene anche inseparabilmente nel credere con la sua Chiesa, con i santi, nei quali si fa sempre e nuovamente conoscere il vero volto della Sposa di Cristo.
È un impegno - lo sappiamo - non sempre facile. A volte siete presenti in luoghi in cui vi è bisogno di un primo annuncio del Vangelo, la missio ad gentes; spesso, invece, in aree, che, pur avendo conosciuto Cristo, sono diventate indifferenti alla fede: il secolarismo vi ha eclissato il senso di Dio e oscurato i valori cristiani. Qui il vostro impegno e la vostra testimonianza siano come il lievito che, con pazienza, rispettando i tempi, con sensus Ecclesiae, fa crescere tutta la massa. La Chiesa ha riconosciuto nel Cammino un particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi e l’approvazione degli Statuti e del "Direttorio Catechetico" ne sono un segno. Vi incoraggio ad offrire il vostro originale contributo alla causa del Vangelo. Nella vostra preziosa opera ricercate sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i Pastori delle Chiese particolari, nelle quali siete inseriti: l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono una importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo.
Care famiglie, la Chiesa vi ringrazia; ha bisogno di voi per la nuova evangelizzazione. La famiglia è una cellula importante per la comunità ecclesiale, dove ci si forma alla vita umana e cristiana. Con grande gioia vedo i vostri figli, tanti bambini che guardano a voi, cari genitori, al vostro esempio. Un centinaio di famiglie sono in partenza per 12 Missioni ad gentes. Vi invito a non avere timore: chi porta il Vangelo non è mai solo. Saluto con affetto i sacerdoti e i seminaristi: amate Cristo e la Chiesa, comunicate la gioia di averLo incontrato e la bellezza di avere donato a Lui tutto. Saluto anche gli itineranti, i responsabili e tutte le comunità del Cammino. Continuate ad essere generosi con il Signore: non vi farà mancare la sua consolazione!
Poco fa vi è stato letto il Decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel "Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale", che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede. E’ un altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae.
Questo fatto mi offre l’occasione per un breve pensiero sul valore della Liturgia. Il Concilio Vaticano II la definisce come l’opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la Chiesa (cfr Sacrosanctum Concilium, 7). A prima vista ciò potrebbe apparire strano, perché sembra che l’opera di Cristo designi le azioni redentrici storiche di Gesù, la sua Passione, Morte e Risurrezione. In che senso allora la Liturgia è opera di Cristo? La Passione, Morte e Risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici; raggiungono e penetrano la storia, ma la trascendono e rimangono sempre presenti nel cuore di Cristo. Nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo Risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso Mistero pasquale, per la nostra salvezza; ci attira in questo atto di dono di Sé che nel suo cuore è sempre presente e ci fa partecipare a questa presenza del Mistero pasquale. Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della Liturgia, l’entrare nella presenza del Mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo – Christus totus caput et corpus – dice sant’Agostino. Nella celebrazione dei Sacramenti Cristo ci immerge nel Mistero pasquale per farci passare dalla morte alla vita, dal peccato all’esistenza nuova in Cristo.
Ciò vale in modo specialissimo per la celebrazione dell’Eucaristia, che, essendo il culmine della vita cristiana, è anche il cardine della sua riscoperta, alla quale il neocatecumenato tende. Come recitano i vostri Statuti, "L’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccola comunità" (art. 13 §1). Proprio al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata, i neocatecumenali possono celebrare l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi Vespri della domenica, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano (cfr Statuti, art. 13 §2). Ma ogni celebrazione eucaristica è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa. Questo carattere pubblico della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 26). La celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità. Al tempo stesso, la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato (cfr Statuti, art. 6), la sua forma ordinaria. Ma anche durante il cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo (cfr 1 Cor 10, 16s).
Coraggio! Il Signore non manca di accompagnarvi e anch’io vi assicuro la mia preghiera e vi ringrazio per i tanti segni di vicinanza. Vi chiedo di ricordarvi anche di me nelle vostre preghiere. La Santa Vergine Maria vi assista con il suo sguardo materno e vi sostenga la mia Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i membri del Cammino. Grazie!
Cammino neocatecumenale, la tattica del negare sempre. Ma paga ancora?
La confusione generata dalla nota ufficiale del Cammino sull’approvazione delle celebrazioni è indice di un più radicale atteggiamento degli iniziatori, che di fronte alle criticità concrete vissute nelle parrocchie hanno sempre risposto negando che vi fossero problemi.
Il fatto che su un singolo decreto della Santa Sede possano esserci interpretazioni così divergenti, e che la confusione che ne deriva si propaghi non solo sui giornali e sui mezzi di comunicazione, ma anche all’interno delle singole comunità neocatecumenali (che sulla questione dovrebbero essere assai ferrati) la dice lunga sul modo quanto meno superficiale di presentare atti e decisioni così rilevanti. In questi giorni, se ci si rivolge agli stessi appartenenti al Cammino, a quelle migliaia e migliaia di persone, soprattutto giovani, che formano le singole comunità e che, in linea di massima, con coerenza e senza alcun genere di integralismo, vivono il loro percorso di fede come uno dei tanti percorsi di fede presenti nella Chiesa, se ci si rivolge ad essi affermando che la Santa Sede ha dato l’approvazione alle celebrazioni del Cammino è assai frequente che ci si senta rispondere: “Ma perché, non avevano già approvato tutto?”. Naturale: è da anni che i responsabili del Cammino fanno passare il messaggio che “tutto è stato approvato” e che “il papa è con noi”. Ma se tutto era già stato approvato e la pratica era ormai chiusa, perché mai – iniziano a chiedersi – si susseguono le approvazioni (questa è la terza in cinque anni)? Perché non tutto, appunto, era stato approvato. E sulla Messa al sabato, l’aspetto più delicato, i problemi – come abbiamo visto – non sono finiti.
In tutto ciò, ma questo è un discorso più ampio, non si può tacere il fatto che non aiuta a rendere chiara la situazione il sostanziale silenzio della Santa Sede, che ha provveduto alla pubblicazione del decreto del Pontificio Consiglio per i Laici senza sentire la benché minima necessità di una nota esplicativa, che si sarebbe potuta diffondere attraverso la Sala Stampa della Santa Sede. In questo modo si è favorita e si favorisce tuttora la confusione e il dubbio che il decreto riguardi anche la Messa celebrata nelle comunità: confusione alimentata dal comunicato stampa emesso dal Cammino Neocatecumenale. Di questo la Santa Sede avrebbe potuto tener conto. Del resto, che le comunicazioni al mondo esterno e ai media da parte dei vertici del Cammino non brillino mai per chiarezza è un dato di fatto: ne abbiamo fatto esperienza anche gli anni passati. Prevedere delle contromisure sarebbe stato sensato.
Detto questo, però, tutto ciò non è avvenuto per caso. Non è un semplice errore di natura giornalistica, non è una semplice carenza professionale di chi cura le relazioni con la stampa e invece di sintetizzare in modo efficace un iter effettivamente complesso riesce solo a semplificare e ingenerare confusione. Il punto è che questa modalità di lavoro poco precisa è perfettamente coerente con l’impostazione generale che i responsabili del Cammino si sono dati in tutti questi anni: negare che vi siano dei problemi, negare che vi siano delle criticità, negare che vi siano dei fattori che talvolta creano disagio nelle singole parrocchie o nelle singole diocesi e che meritano tutta la loro considerazione e la loro attenzione per essere superate. Affermare che accade che nelle parrocchie le comunità neocatecumenali siano percepite come dei corpi estranei, o come delle realtà ghettizzanti, o come dei circoli esclusivi abituati a fare tutto da sé, perfino la messa, non significa calunniare il Cammino, ma far emergere un problema che va risolto, per il bene stesso del Cammino, oltre che per quello di tutta la Chiesa. Affermare che vi sono diocesi – e sono tante – nelle quali con il vescovo si è ai ferri corti non significa denigrare il Cammino, ma porre un problema che deve essere risolto e che non si supera facendo il lungo elenco dei vescovi che “sono nostri amici” o dei cardinali “che ci hanno raggiunto per questo nostro incontro”, come in ogni occasione non manca di fare l’iniziatore Kiko Arguello. E’ vero: questa chiusura può essere una naturale risposta ad accuse che nel corso dei decenni sono state molto dure e talvolta oggettivamente infondate, ma è una modalità che non può essere perpetuata ancora. Non si possono negare le criticità, non si possono negare in pubblico ma soprattutto non possono essere sottovalutate (e men che meno avvallate) in privato, a maggior ragione se immancabilmente vengono citate dal papa nei discorsi rivolti al Cammino. E’ su questo che dai vertici del Cammino dovrebbe arrivare un segno concreto. In caso contrario, si rafforza l’impressione che cerchino ogni volta di farla franca, ascoltando solo ciò che vogliono ascoltare.
Il fatto che su un singolo decreto della Santa Sede possano esserci interpretazioni così divergenti, e che la confusione che ne deriva si propaghi non solo sui giornali e sui mezzi di comunicazione, ma anche all’interno delle singole comunità neocatecumenali (che sulla questione dovrebbero essere assai ferrati) la dice lunga sul modo quanto meno superficiale di presentare atti e decisioni così rilevanti. In questi giorni, se ci si rivolge agli stessi appartenenti al Cammino, a quelle migliaia e migliaia di persone, soprattutto giovani, che formano le singole comunità e che, in linea di massima, con coerenza e senza alcun genere di integralismo, vivono il loro percorso di fede come uno dei tanti percorsi di fede presenti nella Chiesa, se ci si rivolge ad essi affermando che la Santa Sede ha dato l’approvazione alle celebrazioni del Cammino è assai frequente che ci si senta rispondere: “Ma perché, non avevano già approvato tutto?”. Naturale: è da anni che i responsabili del Cammino fanno passare il messaggio che “tutto è stato approvato” e che “il papa è con noi”. Ma se tutto era già stato approvato e la pratica era ormai chiusa, perché mai – iniziano a chiedersi – si susseguono le approvazioni (questa è la terza in cinque anni)? Perché non tutto, appunto, era stato approvato. E sulla Messa al sabato, l’aspetto più delicato, i problemi – come abbiamo visto – non sono finiti.
In tutto ciò, ma questo è un discorso più ampio, non si può tacere il fatto che non aiuta a rendere chiara la situazione il sostanziale silenzio della Santa Sede, che ha provveduto alla pubblicazione del decreto del Pontificio Consiglio per i Laici senza sentire la benché minima necessità di una nota esplicativa, che si sarebbe potuta diffondere attraverso la Sala Stampa della Santa Sede. In questo modo si è favorita e si favorisce tuttora la confusione e il dubbio che il decreto riguardi anche la Messa celebrata nelle comunità: confusione alimentata dal comunicato stampa emesso dal Cammino Neocatecumenale. Di questo la Santa Sede avrebbe potuto tener conto. Del resto, che le comunicazioni al mondo esterno e ai media da parte dei vertici del Cammino non brillino mai per chiarezza è un dato di fatto: ne abbiamo fatto esperienza anche gli anni passati. Prevedere delle contromisure sarebbe stato sensato.
Detto questo, però, tutto ciò non è avvenuto per caso. Non è un semplice errore di natura giornalistica, non è una semplice carenza professionale di chi cura le relazioni con la stampa e invece di sintetizzare in modo efficace un iter effettivamente complesso riesce solo a semplificare e ingenerare confusione. Il punto è che questa modalità di lavoro poco precisa è perfettamente coerente con l’impostazione generale che i responsabili del Cammino si sono dati in tutti questi anni: negare che vi siano dei problemi, negare che vi siano delle criticità, negare che vi siano dei fattori che talvolta creano disagio nelle singole parrocchie o nelle singole diocesi e che meritano tutta la loro considerazione e la loro attenzione per essere superate. Affermare che accade che nelle parrocchie le comunità neocatecumenali siano percepite come dei corpi estranei, o come delle realtà ghettizzanti, o come dei circoli esclusivi abituati a fare tutto da sé, perfino la messa, non significa calunniare il Cammino, ma far emergere un problema che va risolto, per il bene stesso del Cammino, oltre che per quello di tutta la Chiesa. Affermare che vi sono diocesi – e sono tante – nelle quali con il vescovo si è ai ferri corti non significa denigrare il Cammino, ma porre un problema che deve essere risolto e che non si supera facendo il lungo elenco dei vescovi che “sono nostri amici” o dei cardinali “che ci hanno raggiunto per questo nostro incontro”, come in ogni occasione non manca di fare l’iniziatore Kiko Arguello. E’ vero: questa chiusura può essere una naturale risposta ad accuse che nel corso dei decenni sono state molto dure e talvolta oggettivamente infondate, ma è una modalità che non può essere perpetuata ancora. Non si possono negare le criticità, non si possono negare in pubblico ma soprattutto non possono essere sottovalutate (e men che meno avvallate) in privato, a maggior ragione se immancabilmente vengono citate dal papa nei discorsi rivolti al Cammino. E’ su questo che dai vertici del Cammino dovrebbe arrivare un segno concreto. In caso contrario, si rafforza l’impressione che cerchino ogni volta di farla franca, ascoltando solo ciò che vogliono ascoltare.
Neocatecumenali: Messa al sabato sera, ecco cosa è permesso e cosa no
Dopo il decreto approvato nel gennaio 2012 dal Pontificio Consiglio per i Laici, sulla Santa Messa celebrata nelle comunità del Cammino neocatecumenale nulla è cambiato rispetto alla situazione definita dal testo dell'articolo 13 degli Statuti approvati nel lontano 2008. Nessuna novità, dunque, ma qualche problema ancora non è stato risolto.
LE REGOLE - “Nella celebrazione dell’Eucaristia nelle piccole comunità –si legge all’articolo 13 degli Statuti del Cammino - si seguono i libri liturgici approvati del Rito Romano, fatta eccezione per le concessioni esplicite della Santa Sede. Per quanto concerne la distribuzione della Santa Comunione sotto le due specie, i neocatecumeni la ricevono in piedi, restando al proprio posto”. Da sottolineare che gli Statuti, laddove parlano di “concessioni esplicite della Santa Sede” (e sottolineiamo esplicite), rimandano in nota al discorso del papa del gennaio 2006 e alla lettera del dicembre 2005 della Congregazione per il Culto divino: per farla breve, per “concessioni esplicite” si devono intendere solamente la Comunione sotto le due specie ricevuta in piedi restando al proprio posto e il rito della pace subito dopo la Preghiera dei fedeli e prima dell’Offertorio (come accade del resto nel rito ambrosiano della diocesi di Milano). Stop. Basta. Tutto il resto deve – attenzione: non “può” ma “deve” – seguire i libri liturgici in uso nella Chiesa. Al riguardo, il Messale romano prevede la possibilità di far precedere le letture da delle brevi introduzioni, definite “monizioni”: tale previsione vale per qualunque messa (nelle nostre chiese non è la prassi più diffusa, ma succede) e dunque è consentito anche nel corso delle messe celebrate dalle comunità neocatecumenali. Purché, come recitano del resto gli Statuti del Cammino, si tratti di monizioni “brevi”. La pratica delle “risonanze”, invece, cioè i commenti spontanei alle letture che seguono la lettura del Vangelo e precedono la vera e propria omelia del sacerdote, non è citata in alcun luogo e non è prevista dai libri liturgici: nelle messe delle comunità è una consuetudine che non manca mai, ma stando alle carte è in pratica abusiva e dovrebbe essere evitata. Su questo il Cammino dovrebbe correggersi, come gioco forza è stato costretto a fare negli ultimi anni su molte altre questioni: la recita del Credo (che non sempre avveniva), l’Orate fratres, l’Agnus Dei, la Comunione in piedi e non da seduti. Ovviamente, non varrebbe neppure la pena di sottolinearlo, le Messe del sabato sera sono aperte a tutti i fedeli, non solo agli appartenenti alle singole comunità.
IL SABATO SERA SERVE AD UNIRE, NON A DIVIDERE - Ma oltre alle regole, c’è di più. C’è il senso stesso da dare alle celebrazioni eucaristiche celebrate nella comunità il sabato sera. E su questo, Benedetto XVI parla, ancora una volta, chiarissimo. Nel corso dell’udienza di venerdì 20 gennaio 2012 dice che il fatto che “i neocatecumenali possono celebrare l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi Vespri della domenica”, e comunque sempre “secondo le disposizioni del Vescovo diocesano”, è dovuto al fatto che si vuole raggiungere il “fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata”. La celebrazione nelle piccole comunità – ribadisce il papa – è “regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino” ed è concessa con queste modalità differenti perchè ha il fine di “aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo”. Insomma, la messa del sabato sera esiste perché c’è un fine esclusivamente pastorale e non le rende avulse dal resto della Chiesa. Infatti, dice il papa al Cammino, “la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato, la sua forma ordinaria”. Come dire: la messa del sabato sera nella singola comunità è funzionale a facilitare l’inserimento del singolo nella vita della parrocchia. Non deve diventare un luogo a parte rispetto ad essa, non deve separare, non deve favorire la divisione all’interno della parrocchia, ma deve inglobare, coinvolgere, dare una prospettiva realmente ecclesiale. Questo è il fine della possibilità di celebrare in piccole comunità. Benedetto XVI indica insomma al Cammino che non si può fare della Messa un momento di separazione ma che l’obiettivo deve essere “l’inserimento del singolo nella vita della grande comunità ecclesiale”, ad iniziare dalla “celebrazione liturgica della parrocchia”. E precisa, il pontefice, a scanso di equivoci, che questa cosa deve avvenire non una volta che il singolo abbia terminato il pluridecennale percorso di formazione che è il Cammino, ma subito, immediatamente: “Ma anche durante il cammino – afferma infatti Benedetto XVI - è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo”.
LE REGOLE - “Nella celebrazione dell’Eucaristia nelle piccole comunità –si legge all’articolo 13 degli Statuti del Cammino - si seguono i libri liturgici approvati del Rito Romano, fatta eccezione per le concessioni esplicite della Santa Sede. Per quanto concerne la distribuzione della Santa Comunione sotto le due specie, i neocatecumeni la ricevono in piedi, restando al proprio posto”. Da sottolineare che gli Statuti, laddove parlano di “concessioni esplicite della Santa Sede” (e sottolineiamo esplicite), rimandano in nota al discorso del papa del gennaio 2006 e alla lettera del dicembre 2005 della Congregazione per il Culto divino: per farla breve, per “concessioni esplicite” si devono intendere solamente la Comunione sotto le due specie ricevuta in piedi restando al proprio posto e il rito della pace subito dopo la Preghiera dei fedeli e prima dell’Offertorio (come accade del resto nel rito ambrosiano della diocesi di Milano). Stop. Basta. Tutto il resto deve – attenzione: non “può” ma “deve” – seguire i libri liturgici in uso nella Chiesa. Al riguardo, il Messale romano prevede la possibilità di far precedere le letture da delle brevi introduzioni, definite “monizioni”: tale previsione vale per qualunque messa (nelle nostre chiese non è la prassi più diffusa, ma succede) e dunque è consentito anche nel corso delle messe celebrate dalle comunità neocatecumenali. Purché, come recitano del resto gli Statuti del Cammino, si tratti di monizioni “brevi”. La pratica delle “risonanze”, invece, cioè i commenti spontanei alle letture che seguono la lettura del Vangelo e precedono la vera e propria omelia del sacerdote, non è citata in alcun luogo e non è prevista dai libri liturgici: nelle messe delle comunità è una consuetudine che non manca mai, ma stando alle carte è in pratica abusiva e dovrebbe essere evitata. Su questo il Cammino dovrebbe correggersi, come gioco forza è stato costretto a fare negli ultimi anni su molte altre questioni: la recita del Credo (che non sempre avveniva), l’Orate fratres, l’Agnus Dei, la Comunione in piedi e non da seduti. Ovviamente, non varrebbe neppure la pena di sottolinearlo, le Messe del sabato sera sono aperte a tutti i fedeli, non solo agli appartenenti alle singole comunità.
IL SABATO SERA SERVE AD UNIRE, NON A DIVIDERE - Ma oltre alle regole, c’è di più. C’è il senso stesso da dare alle celebrazioni eucaristiche celebrate nella comunità il sabato sera. E su questo, Benedetto XVI parla, ancora una volta, chiarissimo. Nel corso dell’udienza di venerdì 20 gennaio 2012 dice che il fatto che “i neocatecumenali possono celebrare l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi Vespri della domenica”, e comunque sempre “secondo le disposizioni del Vescovo diocesano”, è dovuto al fatto che si vuole raggiungere il “fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata”. La celebrazione nelle piccole comunità – ribadisce il papa – è “regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino” ed è concessa con queste modalità differenti perchè ha il fine di “aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo”. Insomma, la messa del sabato sera esiste perché c’è un fine esclusivamente pastorale e non le rende avulse dal resto della Chiesa. Infatti, dice il papa al Cammino, “la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato, la sua forma ordinaria”. Come dire: la messa del sabato sera nella singola comunità è funzionale a facilitare l’inserimento del singolo nella vita della parrocchia. Non deve diventare un luogo a parte rispetto ad essa, non deve separare, non deve favorire la divisione all’interno della parrocchia, ma deve inglobare, coinvolgere, dare una prospettiva realmente ecclesiale. Questo è il fine della possibilità di celebrare in piccole comunità. Benedetto XVI indica insomma al Cammino che non si può fare della Messa un momento di separazione ma che l’obiettivo deve essere “l’inserimento del singolo nella vita della grande comunità ecclesiale”, ad iniziare dalla “celebrazione liturgica della parrocchia”. E precisa, il pontefice, a scanso di equivoci, che questa cosa deve avvenire non una volta che il singolo abbia terminato il pluridecennale percorso di formazione che è il Cammino, ma subito, immediatamente: “Ma anche durante il cammino – afferma infatti Benedetto XVI - è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo”.
Cammino neocatecumenale, ecco quello che il decreto dice davvero. E quello che non dice
Il testo del decreto del Pontificio Consiglio per i Laici approva alcune celebrazioni in uso nel Cammino neocatecumenale e tace su tutte le altre, quelle già regolate dai libri liturgici. Come la Santa Messa. Che però, guarda caso, è indirettamente tirata in ballo.
IL TESTO DEL DECRETO - Ma vediamo una cosa per volta e partiamo dai fatti. Cosa dice il decreto che è stato approvato dalla Santa Sede e che è stato letto in occasione dell'udienza che il papa ha concesso alle comunità del Cammino venerdì 20 gennaio 2012? Il decreto del Pontificio Consiglio per i Laici, firmato dal presidente, il cardinale Stanislaw Rylko, e dal segretario, mons. Josef Clemens, ricorda anzitutto che lo stesso organismo vaticano, con decisione dell'11 maggio 2008 “ebbe ad approvare in modo definitivo lo statuto del Cammino Neocatecumenale e successivamente, dopo aver debitamente consultato la Congregazione per la Dottrina della Fede, con decreto del 26 dicembre 2010, diede la sua approvazione alla pubblicazione del Direttorio Catechetico come sussidio valido e vincolante per le catechesi del Cammino Neocatecumenale”. “Ora – continua il decreto che porta ufficialmente la data di domenica 8 gennaio 2012, festa del Battesimo del Signore - visti gli articoli 131 e 133 § 1 e § 2 della Costituzione Apostolica “Pastor Bonus” sulla Curia Romana, il Pontificio Consiglio per i Laici, avuto il parere favorevole della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, concede l’approvazione a quelle celebrazioni contenute nel Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale che non risultano per loro natura già normate dai libri liturgici della Chiesa”. Stop, il documento è tutto qui.
CHE COSA E' STATO APPROVATO – In soldoni, c'è il via libera alle celebrazioni usate nel Cammino e che non sono già normate dai libri liturgici della Chiesa. Non la Celebrazione eucaristica, non la Santa Messa, dunque, che evidentemente e ovviamente è già interamente disegnata, fin nei suoi minimi dettagli, dai libri liturgici in uso nella Chiesa di rito latino. E neppure le Lodi mattutine, i Vespri e tutto ciò che fa parte della cosiddetta “Liturgia delle Ore”, cioè i momenti di preghiera che scandiscono, dal risveglio all'addormentamento, l'intera giornata del cristiano. Tutto già definito. Quali celebrazioni sono state approvate dunque? Per conoscerle nel dettaglio occorrerebbe dare un'occhiata al “Direttorio Catechetico”, i tredici volumi che raccolgono tutte le catechesi del Cammino, scritte dagli iniziatori e presentate via via agli appartenenti alle comunità del Cammino: ma il Direttorio, come detto, non è stato pubblicato, pur essendo stato approvato. Per chi ha una minima conoscenza del Cammino Neocatecumenale, comunque, l'approvazione riguarda quei riti che accompagnano tutto il percorso di formazione del singolo nelle sue varie tappe.
Nel dettaglio, il via libera riguarda le celebrazioni che accompagnano il “primo scrutinio”, lo “Shemà” e il “secondo scrutinio” (passaggi con i quali si passa prima dalle catechesi iniziali al pre-catecumenato e poi da quest’ultimo al catecumenato vero e proprio). Sono state approvati anche i riti legati all'iniziazione alla preghiera, alla consegna del Salterio, alla consegna del Credo (la Traditio Symboli), alla confessione pubblica della propria fede (la Redditio Symboli), alla consegna del Padre Nostro, e via continuando fino al rito del Rinnovo delle promesse battesimali, che di fatto è il culmine ultimo del Cammino neocatecumenale. Tutte queste sono singole tappe di un percorso – il Cammino appunto – che generalmente dura qualche decennio. Insieme a queste, rientrano verosimilmente nell’approvazione anche quelle parti delle celebrazioni della Parola di Dio (sono settimanali, ne parlano anche gli Statuti) e delle celebrazioni penitenziali (hanno cadenza mensile) che già non siano regolate altrove.
COSA DICONO LORO – In questo quadro – che non sarà definito nei dettagli ma quanto meno è lineare – si è inserita la proverbiale confusione dei vertici del Cammino Neocatecumenale, che immancabilmente, anche quest'anno, ci hanno messo del loro, con la consueta imperizia (versione che salvaguarda quanto meno la buona fede) o con la solita furbizia (versione che invece non la contempla). La versione ufficiale del Cammino Neocatecumenale sull’intera vicenda (testo diffuso alla stampa di tutto il mondo e riportato integralmente sul sito web ufficiale) è che la Santa Sede ha approvato “le celebrazioni che segnano questo itinerario di iniziazione cristiana”, approvazione che – viene sottolineato - “giunge dopo quindici anni di studio da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei sacramenti”. Non una parola di più. Non sono informazioni sbagliate o false, naturalmente (ci mancherebbe pure!), ma insufficienti si: dicono pochissimo, e poiché non dicono tutto hanno la conseguenza di indurre in errore. Il Pontificio Consiglio per i Laici, che ha emanato il decreto, neppure è nominato: si cita invece la Congregazione per il Culto divino, che nel mondo dei neocatecumenali è legata indissolubilmente ad una sola questione, quella della celebrazione della Messa nelle comunità, il sabato sera (ha fatto storia la lettera inviata nel 2005 che imponeva una serie di adattamenti che nella realtà hanno faticato e faticano molto a realizzarsi). Non deve sorprendere allora che il messaggio che è passato, anche fra molti neocatecumenali, è che, volgarmente detto, la Santa Sede abbia approvato la Messa del sabato sera, con tutte le particolarità che si conoscono (la mensa, le ammonizioni prima delle letture, le risonanze dopo, lo scambio della pace anticipato rispetto al rito romano, la distribuzione particolare del pane e del vino consacrati). Ma questa interpretazione è fuorviante: il decreto di alcuni giorni fa non riguarda per niente la Messa, della quale si parla solamente nei libri liturgici, che sono (ovviamente) uguali per tutti, neocatecumenali compresi. E’ vero che alla Messa celebrata nelle comunità del Cammino si applicano alcune eccezioni, ma queste varianti - che hanno una motivazione essenzialmente pastorale - sono e restano delle semplici varianti, peraltro ben circoscritte, definite nel dettaglio negli Statuti o nei documenti ufficiali della Santa Sede. Per dirla chiaramente: non esiste (o non dovrebbe esistere) una “Messa dei neocatecumenali”.
IL TESTO DEL DECRETO - Ma vediamo una cosa per volta e partiamo dai fatti. Cosa dice il decreto che è stato approvato dalla Santa Sede e che è stato letto in occasione dell'udienza che il papa ha concesso alle comunità del Cammino venerdì 20 gennaio 2012? Il decreto del Pontificio Consiglio per i Laici, firmato dal presidente, il cardinale Stanislaw Rylko, e dal segretario, mons. Josef Clemens, ricorda anzitutto che lo stesso organismo vaticano, con decisione dell'11 maggio 2008 “ebbe ad approvare in modo definitivo lo statuto del Cammino Neocatecumenale e successivamente, dopo aver debitamente consultato la Congregazione per la Dottrina della Fede, con decreto del 26 dicembre 2010, diede la sua approvazione alla pubblicazione del Direttorio Catechetico come sussidio valido e vincolante per le catechesi del Cammino Neocatecumenale”. “Ora – continua il decreto che porta ufficialmente la data di domenica 8 gennaio 2012, festa del Battesimo del Signore - visti gli articoli 131 e 133 § 1 e § 2 della Costituzione Apostolica “Pastor Bonus” sulla Curia Romana, il Pontificio Consiglio per i Laici, avuto il parere favorevole della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, concede l’approvazione a quelle celebrazioni contenute nel Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale che non risultano per loro natura già normate dai libri liturgici della Chiesa”. Stop, il documento è tutto qui.
CHE COSA E' STATO APPROVATO – In soldoni, c'è il via libera alle celebrazioni usate nel Cammino e che non sono già normate dai libri liturgici della Chiesa. Non la Celebrazione eucaristica, non la Santa Messa, dunque, che evidentemente e ovviamente è già interamente disegnata, fin nei suoi minimi dettagli, dai libri liturgici in uso nella Chiesa di rito latino. E neppure le Lodi mattutine, i Vespri e tutto ciò che fa parte della cosiddetta “Liturgia delle Ore”, cioè i momenti di preghiera che scandiscono, dal risveglio all'addormentamento, l'intera giornata del cristiano. Tutto già definito. Quali celebrazioni sono state approvate dunque? Per conoscerle nel dettaglio occorrerebbe dare un'occhiata al “Direttorio Catechetico”, i tredici volumi che raccolgono tutte le catechesi del Cammino, scritte dagli iniziatori e presentate via via agli appartenenti alle comunità del Cammino: ma il Direttorio, come detto, non è stato pubblicato, pur essendo stato approvato. Per chi ha una minima conoscenza del Cammino Neocatecumenale, comunque, l'approvazione riguarda quei riti che accompagnano tutto il percorso di formazione del singolo nelle sue varie tappe.
Nel dettaglio, il via libera riguarda le celebrazioni che accompagnano il “primo scrutinio”, lo “Shemà” e il “secondo scrutinio” (passaggi con i quali si passa prima dalle catechesi iniziali al pre-catecumenato e poi da quest’ultimo al catecumenato vero e proprio). Sono state approvati anche i riti legati all'iniziazione alla preghiera, alla consegna del Salterio, alla consegna del Credo (la Traditio Symboli), alla confessione pubblica della propria fede (la Redditio Symboli), alla consegna del Padre Nostro, e via continuando fino al rito del Rinnovo delle promesse battesimali, che di fatto è il culmine ultimo del Cammino neocatecumenale. Tutte queste sono singole tappe di un percorso – il Cammino appunto – che generalmente dura qualche decennio. Insieme a queste, rientrano verosimilmente nell’approvazione anche quelle parti delle celebrazioni della Parola di Dio (sono settimanali, ne parlano anche gli Statuti) e delle celebrazioni penitenziali (hanno cadenza mensile) che già non siano regolate altrove.
COSA DICONO LORO – In questo quadro – che non sarà definito nei dettagli ma quanto meno è lineare – si è inserita la proverbiale confusione dei vertici del Cammino Neocatecumenale, che immancabilmente, anche quest'anno, ci hanno messo del loro, con la consueta imperizia (versione che salvaguarda quanto meno la buona fede) o con la solita furbizia (versione che invece non la contempla). La versione ufficiale del Cammino Neocatecumenale sull’intera vicenda (testo diffuso alla stampa di tutto il mondo e riportato integralmente sul sito web ufficiale) è che la Santa Sede ha approvato “le celebrazioni che segnano questo itinerario di iniziazione cristiana”, approvazione che – viene sottolineato - “giunge dopo quindici anni di studio da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei sacramenti”. Non una parola di più. Non sono informazioni sbagliate o false, naturalmente (ci mancherebbe pure!), ma insufficienti si: dicono pochissimo, e poiché non dicono tutto hanno la conseguenza di indurre in errore. Il Pontificio Consiglio per i Laici, che ha emanato il decreto, neppure è nominato: si cita invece la Congregazione per il Culto divino, che nel mondo dei neocatecumenali è legata indissolubilmente ad una sola questione, quella della celebrazione della Messa nelle comunità, il sabato sera (ha fatto storia la lettera inviata nel 2005 che imponeva una serie di adattamenti che nella realtà hanno faticato e faticano molto a realizzarsi). Non deve sorprendere allora che il messaggio che è passato, anche fra molti neocatecumenali, è che, volgarmente detto, la Santa Sede abbia approvato la Messa del sabato sera, con tutte le particolarità che si conoscono (la mensa, le ammonizioni prima delle letture, le risonanze dopo, lo scambio della pace anticipato rispetto al rito romano, la distribuzione particolare del pane e del vino consacrati). Ma questa interpretazione è fuorviante: il decreto di alcuni giorni fa non riguarda per niente la Messa, della quale si parla solamente nei libri liturgici, che sono (ovviamente) uguali per tutti, neocatecumenali compresi. E’ vero che alla Messa celebrata nelle comunità del Cammino si applicano alcune eccezioni, ma queste varianti - che hanno una motivazione essenzialmente pastorale - sono e restano delle semplici varianti, peraltro ben circoscritte, definite nel dettaglio negli Statuti o nei documenti ufficiali della Santa Sede. Per dirla chiaramente: non esiste (o non dovrebbe esistere) una “Messa dei neocatecumenali”.
sabato 10 gennaio 2009
Neocatecumenali in Vaticano/2009: per il Cammino rigore e incoraggiamenti
L’invio alle comunità in partenza per la missione a Roma e in numerose città di tutto il mondo, il calore del popolo neocatecumenale che affolla la Basilica di San Pietro, le canzoni di Kiko Arguello alla chitarra e il consueto fuori programma di Carmen davanti al papa. Festeggiati in Vaticano i quaranta anni dell’inizio del Cammino a Roma: dal papa parole di caldo incoraggiamento e di rigorosa fermezza, con richiami all’adesione alla direttive della Chiesa e dei vescovi e all’unità con tutte le altre realtà ecclesiali.
L'APPUNTAMENTO - Quando saluta tutti, poco dopo le sei e mezza della sera, è appena finito il canto del Te Deum, intonato al suono di organo e chitarra dallo stesso iniziatore del Cammino neocatecumenale Kiko Arguello. Benedetto XVI, che per diletto personale ama un altro genere di canto, esce subito di scena mentre tutti prendono a cantare un altro motivo, il più celebre della lunga produzione neocatecumenale, “Risuscitò”. Voci possenti, ma nessuno batte le mani secondo l’uso consueto: in San Pietro non sta bene, e era stato lo stesso Kiko, prima dell’apertura dell’incontro, a chiedere ai “fratelli” di evitare il gesto e di “cantare in raccoglimento”. E’ un appuntamento organizzato per presentare a Benedetto XVI le nuove iniziative missionarie del Cammino neocatecumenale: ci sono 14 èquipe e oltre 200 famiglie che partono per la missione all’estero, ci sono i 700 itineranti del Cammino che hanno portato l’itinerario iniziato da Kiko e Carmen in ogni continente, ci sono le comunità neocatecumenali della città di Roma e 15 fra di esse che inizieranno a breve una missione in altre parrocchie della capitale, c’è la prima comunità neocatecumenale nata a Roma, nella parrocchia dei Santi Martiri Canadesi. Era il 1968, e l’occasione del quarantennale è colta oggi al balzo per festeggiare i 40 anni del cammino in Italia e nella diocesi del papa. Un incontro che cade a sette mesi dall’approvazione definitiva degli Statuti del Cammino e che si colora dunque anche di altri significati, dal momento che il papa non si è ancora mai espresso, in questi mesi, sulla questione.
LE COMUNITA' IN MISSIONE - Il clima è come sempre di grande cordialità. All’applauso iniziale per l’arrivo del papa, inizia subito la presentazione da parte di Kiko delle varie comunità presenti. Il papa siede davanti al grande altare della Basilica, l’iniziatore al microfono sulla destra saluta il pontefice confidando la sua contentezza per l’occasione e per il fatto che “per la prima volta nella storia della Chiesa il Cammino neocatecumenale offre delle intere comunità per la missione”. E’ l’ultima novità del Cammino, l’opportunità per consentire alle comunità che hanno concluso l’itinerario formativo di essere comunitariamente missionari in un’altra parrocchia: è l’intera comunità, cioè, l’intero gruppo di trenta, quaranta, sessanta persone, a lasciare la propria parrocchia di appartenenza e a trasferirsi in un’altra, per aiutare quei parroci nell’evangelizzazione di altri territori. Sono parrocchie di periferia o del centro, di quartieri popolari o con alte percentuali di migranti, in cui la pastorale parrocchiana fa fatica a partire o in cui il parroco avverte la necessità di un aiuto concreto: le nuove comunità si riuniscono nella loro nuova casa, vivono là gli incontri e le loro celebrazioni, in accordo con il vescovo e i sacerdoti.
Kiko dunque, presenta al papa la prima comunità dei Santi Martiri Canadesi (l’applauso è caloroso e collettivo), 49 persone e oltre 100 figli, e ne approfitta per lodare il gran numero di figli presenti in tutte le comunità del Cammino. “Nel 1968 – dirà poco dopo - Paolo VI scriveva la Humanae Vitae e noi lo abbiamo preso sul serio: era difficile seguire quell’indicazione ma noi abbiamo detto che la Chiesa è maestra e adesso queste sono tutte famiglie felici. E i più grandi evangelizzatori – sottolinea l’iniziatore del Cammino - sono proprio i figli, che portano a casa i loro amici, spesso neppure battezzati, e permettono a tutti di restare colpiti dal modo in cui si vive il Vangelo in queste famiglie”.
Il saluto di Benedetto XVI alle comunità in partenza per la missione. (AP Photo)
C’è poi la chiamata delle quindici comunità che partono in missione, un vero e proprio “esercito di missionari”: il papa segue il tutto attentamente, si rivolge ogni volta ai gruppi di persone che si levano in piedi, si alza, li saluta e sorride loro, per poi tornare seduto. E Kiko al microfono fa il lungo e dettagliato appello chiedendo un applauso per ognuna di queste comunità: la quinta e la sesta comunità dei Santi Martiri Canadesi, pronte per la missione nella chiesa di San Gerardo Maiella, la settima e l’ottava dei Martiri Canadesi a Santa Maria dell’Orazione, la seconda di Santa Francesca Cabrini (altra parrocchia dallo storico passato e dal florido presente neocatecumenale nella capitale) a San Pier Damiani insieme alla seconda di San Leonardo Murialdo; e poi la quinta comunità di Santa Francesca Cabrini alla chiesa dei Santi Elisabetta e Zaccaria, la sesta di Santa Francesca Cabrini alla parrocchia dei Santi Vitale e compagni martiri a via Nazionale, la settima sempre di Santa Francesca Cabrini in missione alla parrocchia di San Domenico di Guzman. E non è finita: ancora applausi per la terza comunità della parrocchia della Natività in partenza per San Giuseppe Cafasso (al Tuscolano), per la terza e la quarta comunità della parrocchia di Santa Maria Immacolata a Tor Sapienza pronte a recarsi a San Massimiliano Kolbe a via Prenestina (“quartiere pieno di musulmani, cinesi e rumeni”, informa Kiko), per la terza di San Leonardo Murialdo a Sant’Andrea Corsini a Casal Morena, per la seconda di San Timoteo alla parrocchia di San Vincenzo de’ Paoli a Ostia e infine per la terza comunità di Santa Maria Goretti in missione alla parrocchia Santa Maria Regina dei Martiri ad Acilia.
A RADIO VATICANA - Qualche ora prima, intervistato da Radio Vaticana, Kiko aveva detto, spiegando il senso di questa iniziativa: “Oggi abbiamo parrocchie che hanno anche venticinque e più comunità, e altre in cui i presbiteri si trovano in difficoltà soprattutto perchè sono pieni di migranti: abbiamo pensato che forse è arrivato il momento, come dice il Vangelo, che 'chi ha due tuniche ne dia una a chi non c'è l'ha' e che le parrocchie che hanno molte comunità, ne avrebbero potuto inviare alcune per aiutare queste parrocchie in periferia. Così – aveva continuato - abbiamo radunato i parroci, abbiamo radunato i responsabili e tutti erano completamente d'accordo. Abbiamo parlato con il cardinale vicario Agostino Vallini, che è stato molto contento, e anche con il Santo Padre. E adesso, abbiamo le prime 14 comunità che partono per le zone più difficili di Roma. E questo 'esperimento missionario' lo stanno aspettando anche in tante altre parti del mondo: anche a Madrid ci sono molte periferie piene di migranti e se non si aiutano questi migranti, sono presi dalle sette o sono attratti dall'ambiente completamente secolarizzato”.
PER IL MONDO - In Basilica intanto è il momento delle Missio ad gentes, quindici èquipe composte da un presbitero, quattro famiglie con figlie e due fedeli laiche che partono per la missione in città come Colonia, Budapest, Vienna, Stoccolma, New York, o in zone emarginate come la Nuova Guinea, l’India, le Antille olandesi, le zone degli aborigeni australiani. In partenza anche 212 famiglie con figli, resesi disponibili ad andare nel mondo per sostenere l’evangelizzazione dei cinque continenti. Kiko è ammirato dalla disponibilità di questi nuclei familiari e non si trattiene dal raccontare al papa i dettagli della loro scelta: “Abbiamo messo in un’urna i nomi delle famiglie e in un altro quello dei luoghi di destinazione e abbiamo proceduto ad un sorteggio”: è così che ciascuna coppia ha saputo della sua destinazione, e in tutti i casi – dal Gabon al Camerun, dall’India al Kazakhistan – “tutti hanno accettato e detto di si”. E così, dice Kiko, “Francesco e Maria, con i loro nove figli, andranno in terra d’Africa in Gabon, mentre chi ha già fatto questa esperienza ricorda che quelli della missione sono stati gli anni più belli della propria vita”. La lunga presentazione, e con essa gli applausi e i sorrisi del papa, si conclude con il saluto a tutte le comunità di Roma presenti in basilica, rappresentanza delle 500 attualmente presenti nella città e proveniente da 103 parrocchie.
SILENZIO... PARLA IL PAPA - A questo punto Kiko esce di scena, padre Mario Pezzi legge un lungo passo del Vangelo di Matteo, con il brano dell’invio dei 72 discepoli, e il papa può iniziare la lettura del suo discorso. Sarà interrotto da una quindicina di applausi, che sottolineano i punti cruciali del suo argomentare. L’invio in missione delle comunità presenti passa in secondo piano e nelle parole del papa il panorama si amplia fino a ricomprendere non solo il ringraziamento a Dio per i frutti spirituali maturati nel Cammino, ma anche la necessità di una aderenza totale del Cammino agli insegnamenti della Chiesa e di adesione “docile” alle direttive del papa e dei vescovi, in un contesto di unità con le altre realtà ecclesiali e di “inserimento organico” dell’itinerario neocatecumenale nella pastorale parrocchiana e diocesana. C’è il riferimento all’approvazione definitiva degli Statuti da parte del Pontificio Consiglio per i Laici, che prova la “stima e benevolenza” con cui la Santa Sede segue il Cammino, e c’è ripetuta la richiesta di intensificare l’adesione (per quel che concerne la diocesi di Roma) alle direttive del cardinale vicario. Una frase di fronte alla quale la folla dei partecipanti fa scattare un applauso che il papa commenta così: “Grazie per questo ‘si’ che viene ovviamente dal cuore!”. (vedi qui i particolari sul discorso del papa e il testo integrale).
KIKO E CARMEN - Con la benedizione delle croci e delle persone inviate in missione, e con il successivo Padre Nostro, la semplice celebrazione si avvia al termine. Si dovrebbe cantare il Te Deum, ma è il momento di concedere anche a Carmen Hernandez la possibilità di intervenire di fronte al papa. E come di consueto diventa immediatamente difficile contenerla: parla un po’ in spagnolo e un po’ in italiano, ed esprime pensieri di gratitudine al papa e ai vescovi che hanno aiutato il Cammino. Riflette sulla capacità di preghiera dei musulmani (“Impressionante, pregano meglio di Kiko Arguello”, dice fra i sorrisi e qualche imbarazzo generale), e mentre lo stesso – ovviamente invano – cerca di invitarla alla conclusione, lei passa in rassegna tutti i predecessori di Benedetto XVI, partendo da Pio XII, con tanto di complimenti al papa tedesco per le parole da lui spese recentemente in occasione del suo cinquantenario: “Aspettiamo la sua beatificazione”. C’è la citazione per Giovanni XXIII che convocò quel Concilio che recuperò la modalità del neocatecumenato (“non è certo una invenzione di Kiko, lui non ha inventato nulla”, dice continuando la sua consueta azione volte a “smitizzare” la figura del “grande artista spagnolo” suo compagno di avventura da oltre 40 anni) e passando per Paolo VI e per Giovanni Paolo I (conosciuto come patriarca di Venezia), arriva fino a Giovanni Paolo II. Il tempo trascorre veloce, Kiko cerca gentilmente di sottrarle il microfono e strappando un sorriso al pontefice e ai cardinali lei si scosta dicendo “Sono davanti al papa e posso parlare”, e condendo il tutto con li racconto di quando chiese a papa Wojtyla l’apertura dei seminari “Redemptoris Mater”: “Kiko mi aveva raccomandato di ‘non dire queste cose davanti al papa’, ma io lo feci lo stesso”. Ormai Carmen ha parlato per un tempo superiore a quello del papa, è proprio necessario che si plachi. Può partire il Te Deum di ringraziamento, lo canta Kiko e tutta l’assemblea. E’ la fine dell’incontro, si torna a casa. Come avvenne tre anni fa, con un carico di amicizia e fermezza.
L'APPUNTAMENTO - Quando saluta tutti, poco dopo le sei e mezza della sera, è appena finito il canto del Te Deum, intonato al suono di organo e chitarra dallo stesso iniziatore del Cammino neocatecumenale Kiko Arguello. Benedetto XVI, che per diletto personale ama un altro genere di canto, esce subito di scena mentre tutti prendono a cantare un altro motivo, il più celebre della lunga produzione neocatecumenale, “Risuscitò”. Voci possenti, ma nessuno batte le mani secondo l’uso consueto: in San Pietro non sta bene, e era stato lo stesso Kiko, prima dell’apertura dell’incontro, a chiedere ai “fratelli” di evitare il gesto e di “cantare in raccoglimento”. E’ un appuntamento organizzato per presentare a Benedetto XVI le nuove iniziative missionarie del Cammino neocatecumenale: ci sono 14 èquipe e oltre 200 famiglie che partono per la missione all’estero, ci sono i 700 itineranti del Cammino che hanno portato l’itinerario iniziato da Kiko e Carmen in ogni continente, ci sono le comunità neocatecumenali della città di Roma e 15 fra di esse che inizieranno a breve una missione in altre parrocchie della capitale, c’è la prima comunità neocatecumenale nata a Roma, nella parrocchia dei Santi Martiri Canadesi. Era il 1968, e l’occasione del quarantennale è colta oggi al balzo per festeggiare i 40 anni del cammino in Italia e nella diocesi del papa. Un incontro che cade a sette mesi dall’approvazione definitiva degli Statuti del Cammino e che si colora dunque anche di altri significati, dal momento che il papa non si è ancora mai espresso, in questi mesi, sulla questione.
LE COMUNITA' IN MISSIONE - Il clima è come sempre di grande cordialità. All’applauso iniziale per l’arrivo del papa, inizia subito la presentazione da parte di Kiko delle varie comunità presenti. Il papa siede davanti al grande altare della Basilica, l’iniziatore al microfono sulla destra saluta il pontefice confidando la sua contentezza per l’occasione e per il fatto che “per la prima volta nella storia della Chiesa il Cammino neocatecumenale offre delle intere comunità per la missione”. E’ l’ultima novità del Cammino, l’opportunità per consentire alle comunità che hanno concluso l’itinerario formativo di essere comunitariamente missionari in un’altra parrocchia: è l’intera comunità, cioè, l’intero gruppo di trenta, quaranta, sessanta persone, a lasciare la propria parrocchia di appartenenza e a trasferirsi in un’altra, per aiutare quei parroci nell’evangelizzazione di altri territori. Sono parrocchie di periferia o del centro, di quartieri popolari o con alte percentuali di migranti, in cui la pastorale parrocchiana fa fatica a partire o in cui il parroco avverte la necessità di un aiuto concreto: le nuove comunità si riuniscono nella loro nuova casa, vivono là gli incontri e le loro celebrazioni, in accordo con il vescovo e i sacerdoti.
Kiko dunque, presenta al papa la prima comunità dei Santi Martiri Canadesi (l’applauso è caloroso e collettivo), 49 persone e oltre 100 figli, e ne approfitta per lodare il gran numero di figli presenti in tutte le comunità del Cammino. “Nel 1968 – dirà poco dopo - Paolo VI scriveva la Humanae Vitae e noi lo abbiamo preso sul serio: era difficile seguire quell’indicazione ma noi abbiamo detto che la Chiesa è maestra e adesso queste sono tutte famiglie felici. E i più grandi evangelizzatori – sottolinea l’iniziatore del Cammino - sono proprio i figli, che portano a casa i loro amici, spesso neppure battezzati, e permettono a tutti di restare colpiti dal modo in cui si vive il Vangelo in queste famiglie”.
Il saluto di Benedetto XVI alle comunità in partenza per la missione. (AP Photo)
C’è poi la chiamata delle quindici comunità che partono in missione, un vero e proprio “esercito di missionari”: il papa segue il tutto attentamente, si rivolge ogni volta ai gruppi di persone che si levano in piedi, si alza, li saluta e sorride loro, per poi tornare seduto. E Kiko al microfono fa il lungo e dettagliato appello chiedendo un applauso per ognuna di queste comunità: la quinta e la sesta comunità dei Santi Martiri Canadesi, pronte per la missione nella chiesa di San Gerardo Maiella, la settima e l’ottava dei Martiri Canadesi a Santa Maria dell’Orazione, la seconda di Santa Francesca Cabrini (altra parrocchia dallo storico passato e dal florido presente neocatecumenale nella capitale) a San Pier Damiani insieme alla seconda di San Leonardo Murialdo; e poi la quinta comunità di Santa Francesca Cabrini alla chiesa dei Santi Elisabetta e Zaccaria, la sesta di Santa Francesca Cabrini alla parrocchia dei Santi Vitale e compagni martiri a via Nazionale, la settima sempre di Santa Francesca Cabrini in missione alla parrocchia di San Domenico di Guzman. E non è finita: ancora applausi per la terza comunità della parrocchia della Natività in partenza per San Giuseppe Cafasso (al Tuscolano), per la terza e la quarta comunità della parrocchia di Santa Maria Immacolata a Tor Sapienza pronte a recarsi a San Massimiliano Kolbe a via Prenestina (“quartiere pieno di musulmani, cinesi e rumeni”, informa Kiko), per la terza di San Leonardo Murialdo a Sant’Andrea Corsini a Casal Morena, per la seconda di San Timoteo alla parrocchia di San Vincenzo de’ Paoli a Ostia e infine per la terza comunità di Santa Maria Goretti in missione alla parrocchia Santa Maria Regina dei Martiri ad Acilia.
A RADIO VATICANA - Qualche ora prima, intervistato da Radio Vaticana, Kiko aveva detto, spiegando il senso di questa iniziativa: “Oggi abbiamo parrocchie che hanno anche venticinque e più comunità, e altre in cui i presbiteri si trovano in difficoltà soprattutto perchè sono pieni di migranti: abbiamo pensato che forse è arrivato il momento, come dice il Vangelo, che 'chi ha due tuniche ne dia una a chi non c'è l'ha' e che le parrocchie che hanno molte comunità, ne avrebbero potuto inviare alcune per aiutare queste parrocchie in periferia. Così – aveva continuato - abbiamo radunato i parroci, abbiamo radunato i responsabili e tutti erano completamente d'accordo. Abbiamo parlato con il cardinale vicario Agostino Vallini, che è stato molto contento, e anche con il Santo Padre. E adesso, abbiamo le prime 14 comunità che partono per le zone più difficili di Roma. E questo 'esperimento missionario' lo stanno aspettando anche in tante altre parti del mondo: anche a Madrid ci sono molte periferie piene di migranti e se non si aiutano questi migranti, sono presi dalle sette o sono attratti dall'ambiente completamente secolarizzato”.
PER IL MONDO - In Basilica intanto è il momento delle Missio ad gentes, quindici èquipe composte da un presbitero, quattro famiglie con figlie e due fedeli laiche che partono per la missione in città come Colonia, Budapest, Vienna, Stoccolma, New York, o in zone emarginate come la Nuova Guinea, l’India, le Antille olandesi, le zone degli aborigeni australiani. In partenza anche 212 famiglie con figli, resesi disponibili ad andare nel mondo per sostenere l’evangelizzazione dei cinque continenti. Kiko è ammirato dalla disponibilità di questi nuclei familiari e non si trattiene dal raccontare al papa i dettagli della loro scelta: “Abbiamo messo in un’urna i nomi delle famiglie e in un altro quello dei luoghi di destinazione e abbiamo proceduto ad un sorteggio”: è così che ciascuna coppia ha saputo della sua destinazione, e in tutti i casi – dal Gabon al Camerun, dall’India al Kazakhistan – “tutti hanno accettato e detto di si”. E così, dice Kiko, “Francesco e Maria, con i loro nove figli, andranno in terra d’Africa in Gabon, mentre chi ha già fatto questa esperienza ricorda che quelli della missione sono stati gli anni più belli della propria vita”. La lunga presentazione, e con essa gli applausi e i sorrisi del papa, si conclude con il saluto a tutte le comunità di Roma presenti in basilica, rappresentanza delle 500 attualmente presenti nella città e proveniente da 103 parrocchie.
SILENZIO... PARLA IL PAPA - A questo punto Kiko esce di scena, padre Mario Pezzi legge un lungo passo del Vangelo di Matteo, con il brano dell’invio dei 72 discepoli, e il papa può iniziare la lettura del suo discorso. Sarà interrotto da una quindicina di applausi, che sottolineano i punti cruciali del suo argomentare. L’invio in missione delle comunità presenti passa in secondo piano e nelle parole del papa il panorama si amplia fino a ricomprendere non solo il ringraziamento a Dio per i frutti spirituali maturati nel Cammino, ma anche la necessità di una aderenza totale del Cammino agli insegnamenti della Chiesa e di adesione “docile” alle direttive del papa e dei vescovi, in un contesto di unità con le altre realtà ecclesiali e di “inserimento organico” dell’itinerario neocatecumenale nella pastorale parrocchiana e diocesana. C’è il riferimento all’approvazione definitiva degli Statuti da parte del Pontificio Consiglio per i Laici, che prova la “stima e benevolenza” con cui la Santa Sede segue il Cammino, e c’è ripetuta la richiesta di intensificare l’adesione (per quel che concerne la diocesi di Roma) alle direttive del cardinale vicario. Una frase di fronte alla quale la folla dei partecipanti fa scattare un applauso che il papa commenta così: “Grazie per questo ‘si’ che viene ovviamente dal cuore!”. (vedi qui i particolari sul discorso del papa e il testo integrale).
KIKO E CARMEN - Con la benedizione delle croci e delle persone inviate in missione, e con il successivo Padre Nostro, la semplice celebrazione si avvia al termine. Si dovrebbe cantare il Te Deum, ma è il momento di concedere anche a Carmen Hernandez la possibilità di intervenire di fronte al papa. E come di consueto diventa immediatamente difficile contenerla: parla un po’ in spagnolo e un po’ in italiano, ed esprime pensieri di gratitudine al papa e ai vescovi che hanno aiutato il Cammino. Riflette sulla capacità di preghiera dei musulmani (“Impressionante, pregano meglio di Kiko Arguello”, dice fra i sorrisi e qualche imbarazzo generale), e mentre lo stesso – ovviamente invano – cerca di invitarla alla conclusione, lei passa in rassegna tutti i predecessori di Benedetto XVI, partendo da Pio XII, con tanto di complimenti al papa tedesco per le parole da lui spese recentemente in occasione del suo cinquantenario: “Aspettiamo la sua beatificazione”. C’è la citazione per Giovanni XXIII che convocò quel Concilio che recuperò la modalità del neocatecumenato (“non è certo una invenzione di Kiko, lui non ha inventato nulla”, dice continuando la sua consueta azione volte a “smitizzare” la figura del “grande artista spagnolo” suo compagno di avventura da oltre 40 anni) e passando per Paolo VI e per Giovanni Paolo I (conosciuto come patriarca di Venezia), arriva fino a Giovanni Paolo II. Il tempo trascorre veloce, Kiko cerca gentilmente di sottrarle il microfono e strappando un sorriso al pontefice e ai cardinali lei si scosta dicendo “Sono davanti al papa e posso parlare”, e condendo il tutto con li racconto di quando chiese a papa Wojtyla l’apertura dei seminari “Redemptoris Mater”: “Kiko mi aveva raccomandato di ‘non dire queste cose davanti al papa’, ma io lo feci lo stesso”. Ormai Carmen ha parlato per un tempo superiore a quello del papa, è proprio necessario che si plachi. Può partire il Te Deum di ringraziamento, lo canta Kiko e tutta l’assemblea. E’ la fine dell’incontro, si torna a casa. Come avvenne tre anni fa, con un carico di amicizia e fermezza.
Il papa al Cammino neocatecumenale: spirito di unità e adesione docile alla Chiesa
Come tre anni fa: un carico di amicizia e di fermezza. Con toni al tempo stesso docili e perentori, il papa rivolge agli iniziatori e ai membri del Cammino neocatecumenale il suo primo discorso successivo all’approvazione definitiva degli Statuti da parte del Pontificio Consiglio per i Laici e incoraggiando tutti a proseguire l’opera di evangelizzazione avviata nella città di Roma e nel mondo intero mette al tempo stesso in evidenza, con puntualità certosina, la necessità di una aderenza totale del Cammino agli insegnamenti della Chiesa e di adesione “docile” alle direttive del papa e dei vescovi, in un contesto di unità con le altre realtà ecclesiali e di “inserimento organico” dell’itinerario neocatecumenale nella pastorale parrocchiana e diocesana.
C’è il racconto stesso delle caratteristiche del Cammino neocatecumenale nelle parole accurate e rigorose scelte da Benedetto XVI per questo incontro nella Basilica Vaticana. C’è, naturalmente, il ringraziamento, rivolto anzitutto a Dio, per i “frutti spirituali” che attraverso il Cammino si sono raccolti in questi anni, per le “fresche energie apostoliche” suscitate tra i sacerdoti e i laici, per l’aiuto dato a quanti si erano allontanati dalla Chiesa e hanno ora ritrovato la gioia della fede e l’entusiasmo della testimonianza evangelica. Ma c’è anche, altrettanto ovviamente, il riferimento chiaro e continuo alla necessità che il Cammino neocatecumenale rimanga fedele a Cristo e alla Chiesa, in un percorso di “docile adesione alla direttive dei Pastori”, secondo uno spirito di “piena disponibilità al servizio del Vescovo”. L’evangelizzazione va condotta in spirito di unità (Benedetto XVI parla di “condizione indispensabile”) e il Cammino deve sapersi inserire in modo organico nella pastorale diocesana: obiettivo da raggiungere, nel caso concreto della diocesi di Roma, intensificando “la vostra adesione a tutte le direttive del Cardinale Vicario, mio diretto collaboratore nel governo pastorale della diocesi”. E quanto alla Santa Sede, la stessa recente approvazione degli Statuti è per il papa il segno della “stima e benevolenza” con cui da piazza San Pietro si segue “opera che il Signore ha suscitato” attraverso gli iniziatori Kiko Arguello e Carmen Hernandez.
Nelle parole del papa, in ognuna delle righe del suo discorso, non ci sono domande o richieste, ma certezze circa ciò che il modo con il quale il Cammino dove operare. Già subito dopo i saluti iniziali, il papa ricorda immediatamente che i neocatecumenali sono riuniti nella Basilica Vaticana per “rinnovare la stessa professione di fede” che Pietro fece a Gesù: “Tu sei il Cristo”. Una professione di fede fatta di fronte e alla presenza stessa del successore del “principe degli apostoli”, appunto Benedetto XVI. “La vostra presenza, così folta ed animata – afferma il papa - sta a testimoniare i prodigi operati dal Signore nei trascorsi quattro decenni; essa indica anche l’impegno con cui intendete proseguire il cammino iniziato, un cammino di fedele sequela di Cristo e di coraggiosa testimonianza del suo Vangelo, non solo qui a Roma ma dovunque la Provvidenza vi conduca”. “Un cammino – rimarca il papa tedesco - di docile adesione alle direttive dei Pastori e di comunione con tutte le altre componenti del Popolo di Dio”. “Voi questo intendete fare”, sottolinea Benedetto XVI, indicando lui stesso dunque le intenzioni di coloro che ha di fronte, escludendo ogni via alternativa. “Voi questo intendete fare – dice - ben consapevoli che aiutare gli uomini di questo nostro tempo ad incontrare Gesù Cristo, Redentore dell’uomo, costituisce la missione della Chiesa e di ogni battezzato”. Questo, per il papa, il contesto nel quale il Cammino deve operare ed esistere: l’itinerario iniziato da Kiko – ricorda il pontefice – “si inserisce in questa missione ecclesiale come una delle tante vie suscitate dallo Spirito Santo con il Concilio Vaticano II per la nuova evangelizzazione”. Non una via esclusiva, dunque, ma “una delle tante” che lo Spirito ha suscitato: sottolineatura importante per una realtà ecclesiale talvolta criticata per la sua tendenza all’esclusività e alla separatezza dalle altre esperienze del tessuto diocesano.
Ricordando la parrocchia dei Santi Martiri Canadesi in cui si costituirono le prime comunità del Cammino neocatecumenale a Roma, il papa passa in rassegna i risultati raggiunti nella città e nel mondo intero. “Come non benedire il Signore – si domanda - per i frutti spirituali che, attraverso il metodo di evangelizzazione da voi attuato, si sono potuti raccogliere in questi anni?”. E ancora: “Quante fresche energie apostoliche sono state suscitate sia tra i sacerdoti che tra i laici! Quanti uomini e donne, e quante famiglie, che si erano allontanate dalla comunità ecclesiale o avevano abbandonato la pratica della vita cristiana, attraverso l’annuncio del kerygma e l’itinerario di riscoperta del Battesimo, sono state aiutate a ritrovare la gioia della fede e l’entusiasmo della testimonianza evangelica!”. Una lunga esclamazione che segnala il ringraziamento da parte del papa per il “generoso servizio che rendete all’evangelizzazione di questa città e per la dedizione con cui vi prodigate per recare l’annuncio cristiano in ogni suo ambiente”.E’ a questo punto che Benedetto XVI sceglie di citare la recente approvazione definitiva degli Statuti del Cammino, che “è venuta a suggellare – dice - la stima e la benevolenza con cui la Santa Sede segue l’opera che il Signore ha suscitato attraverso i vostri Iniziatori”.
L’opera iniziata deve continuare, però, con uno stile ben chiaro e definito, in piena sintonia del resto con quanto sancito proprio negli Statuti. Ed ecco allora che “la vostra già tanto benemerita azione apostolica – scandisce il papa - sarà ancor più efficace nella misura in cui vi sforzerete di coltivare costantemente quell’anelito verso l’unità che Gesù ha comunicato ai Dodici durante l’Ultima Cena”. Questa “unità dei discepoli del Signore”, che è “dono delle Spirito Santo e incessante ricerca dei credenti”, è “condizione indispensabile” perché l’azione evangelizzatrice della Chiesa risulti feconda e credibile”. Ed ecco allora che pensando alle 103 parrocchie nelle quali il Cammino opera nella città di Roma Benedetto XVI con l’incoraggiamento a proseguire nell’impegno assunto esorta i neocatecumenali “ad intensificare la vostra adesione a tutte le direttive del Cardinale Vicario, mio diretto collaboratore nel governo pastorale della Diocesi”, dal momento che “l’inserimento organico del Cammino nella pastorale diocesana e la sua unità con le altre realtà ecclesiali torneranno a beneficio dell’intero popolo cristiano”. Poiché c’è bisogno – dice ancora il papa – di una “vasta azione missionaria che coinvolga le diverse realtà ecclesiali” e poiché è bene che “pur conservando ciascuna l’originalità del proprio carisma, esse operino concordemente cercando di realizzare quella "pastorale integrata" che ha già permesso di conseguire significativi risultati”, la considerazione che il papa rivolge ai membri del Cammino è quella che “ponendovi con piena disponibilità al servizio del Vescovo, come ricordano i vostri Statuti, potrete essere di esempio per tante Chiese locali, che guardano giustamente a quella di Roma come al modello a cui fare riferimento”. Interessante passaggio, questo, nel quale il papa indica la sua diocesi come esempio e modello per le altre diocesi.
La necessità di “adottare gli indirizzi formativi proposti dalla Santa Sede e dalle diocesi” è sottolineata anche per quanto riguarda la formazione nei seminari Redemptoris Mater, una risposta a quell’altro “frutto spirituale” costituito dal “grande numero di sacerdoti e di persone consacrate che il Signore ha suscitato nelle vostre comunità” e che ora sono impegnati in Italia e nel mondo intero rendendo un “generoso servizio alla Chiesa” e costituendo una vera e propria “primavera di speranza”. “L’obiettivo a cui occorre mirare da parte di tutti i formatori – precisa il papa - è quello di preparare presbiteri ben inseriti nel presbiterio diocesano e nella pastorale sia parrocchiale che diocesana”: parole che costituiscono un altro, nuovo, ulteriore e ancora una volta ripetuto accenno all’integrazione del Cammino nella realtà ecclesiale e al rispetto degli indirizzi formativi proposti. Il papa insomma non ha paura di ripetersi, di riprendere concetti già espressi, di sottolineare più e più volte, sotto ogni aspetto, quali sono le responsabilità – enormi – che il Cammino neocatecumenale ha di fronte, a maggior ragione adesso che l’approvazione degli Statuti è avvenuta in modo definitivo. Sono anche queste – conclude il papa – “le esigenze e le condizioni della missione apostolica”, che nelle parole del Vangelo risuonano come “un invito a non scoraggiarci dinanzi alle difficoltà, a non ricercare umani successi, a non temere incomprensioni e persino persecuzioni”, e che invece incoraggiano “a porre la fiducia unicamente nella potenza di Cristo”. Ed è nella preghiera alla Madonna che il papa chiede il Cammino sia aiutato “a realizzare con gioia e fedeltà il mandato che la Chiesa con fiducia vi affida”.
Questo il testo integrale del discorso del papa
Cari fratelli e sorelle!
Con grande gioia vi accolgo quest’oggi così numerosi, in occasione del 40° anniversario dell’inizio del Cammino Neocatecumenale a Roma, che conta attualmente ben 500 comunità. A voi tutti il mio cordiale saluto. In special modo saluto il Cardinale Vicario, Agostino Vallini, come anche il Cardinale Stanisław Ryłko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, che con dedizione vi ha seguiti nell’iter di approvazione dei vostri Statuti. Saluto i responsabili del Cammino Neocatecumenale: il Signor Kiko Argüello, che ringrazio cordialmente per le parole con cui si è fatto interprete dei sentimenti di tutti voi, la Signora Carmen Hernández e Padre Mario Pezzi. Saluto le comunità che partono in missione verso le periferie più bisognose di Roma, quelle che vanno in "missio ad gentes" nei cinque continenti, le 200 nuove famiglie itineranti, e i 700 catechisti itineranti responsabili del Cammino Neocatecumenale nelle varie Nazioni.
Questo nostro incontro si svolge significativamente nella Basilica Vaticana costruita sul sepolcro dell’Apostolo Pietro. Fu proprio lui, il Principe degli Apostoli che, rispondendo alla domanda con cui Gesù interpellava i Dodici sulla sua identità, confessò con slancio: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). Voi oggi siete qui riuniti per rinnovare questa stessa professione di fede. La vostra presenza, così folta ed animata, sta a testimoniare i prodigi operati dal Signore nei trascorsi 4 decenni; essa indica anche l’impegno con cui intendete proseguire il cammino iniziato, un cammino di fedele sequela di Cristo e di coraggiosa testimonianza del suo Vangelo, non solo qui a Roma ma dovunque la Provvidenza vi conduca; un cammino di docile adesione alle direttive dei Pastori e di comunione con tutte le altre componenti del Popolo di Dio. Voi questo intendete fare, ben consapevoli che aiutare gli uomini di questo nostro tempo ad incontrare Gesù Cristo, Redentore dell’uomo, costituisce la missione della Chiesa e di ogni battezzato. Il "Cammino neocatecumenale" si inserisce in questa missione ecclesiale come una delle tante vie suscitate dallo Spirito Santo con il Concilio Vaticano II per la nuova evangelizzazione.
Tutto ebbe inizio qui a Roma, quarant’anni or sono, quando nella Parrocchia dei Santi Martiri Canadesi si costituirono le prime comunità del Cammino neocatecumenale. Come non benedire il Signore per i frutti spirituali che, attraverso il metodo di evangelizzazione da voi attuato, si sono potuti raccogliere in questi anni? Quante fresche energie apostoliche sono state suscitate sia tra i sacerdoti che tra i laici! Quanti uomini e donne, e quante famiglie, che si erano allontanate dalla comunità ecclesiale o avevano abbandonato la pratica della vita cristiana, attraverso l’annuncio del kerygma e l’itinerario di riscoperta del Battesimo, sono state aiutate a ritrovare la gioia della fede e l’entusiasmo della testimonianza evangelica! La recente approvazione degli Statuti del "Cammino" da parte del Pontificio Consiglio per i Laici è venuta a suggellare la stima e la benevolenza con cui la Santa Sede segue l’opera che il Signore ha suscitato attraverso i vostri Iniziatori. Il Papa, Vescovo di Roma, vi ringrazia per il generoso servizio che rendete all’evangelizzazione di questa Città e per la dedizione con cui vi prodigate per recare l’annuncio cristiano in ogni suo ambiente.
La vostra già tanto benemerita azione apostolica sarà ancor più efficace nella misura in cui vi sforzerete di coltivare costantemente quell’anelito verso l’unità che Gesù ha comunicato ai Dodici durante l’Ultima Cena. Prima della Passione, infatti, il nostro Redentore pregò intensamente perché i suoi discepoli fossero una cosa sola in modo che il mondo fosse spinto a credere in Lui (cfr Gv 17,21). E’ questa unità, dono dello Spirito Santo e incessante ricerca dei credenti, a fare di ogni comunità un’articolazione viva e ben inserita nel Corpo mistico di Cristo. L’unità dei discepoli del Signore appartiene all’essenza della Chiesa ed è condizione indispensabile perché la sua azione evangelizzatrice risulti feconda e credibile. So con quanto zelo stiano operando le comunità del Cammino Neocatecumenale in ben 103 parrocchie di Roma. Mentre vi incoraggio a proseguire in questo impegno, vi esorto ad intensificare la vostra adesione a tutte le direttive del Cardinale Vicario, mio diretto collaboratore nel governo pastorale della Diocesi. L’inserimento organico del "Cammino" nella pastorale diocesana e la sua unità con le altre realtà ecclesiali torneranno a beneficio dell’intero popolo cristiano, e renderanno più proficuo lo sforzo della Diocesi teso a un rinnovato annuncio del Vangelo in questa nostra Città. In effetti, c’è bisogno oggi di una vasta azione missionaria che coinvolga le diverse realtà ecclesiali, le quali, pur conservando ciascuna l’originalità del proprio carisma, operino concordemente cercando di realizzare quella "pastorale integrata" che ha già permesso di conseguire significativi risultati. E voi, ponendovi con piena disponibilità al servizio del Vescovo, come ricordano i vostri Statuti, potrete essere di esempio per tante Chiese locali, che guardano giustamente a quella di Roma come al modello a cui fare riferimento.
C’è un altro frutto spirituale maturato in questi quarant’anni, per il quale vorrei ringraziare insieme con voi la Provvidenza divina: è il grande numero di sacerdoti e di persone consacrate che il Signore ha suscitato nelle vostre comunità. Tanti sacerdoti sono impegnati nelle parrocchie e in altri campi di apostolato diocesano, tanti sono missionari itineranti in varie Nazioni: essi rendono un generoso servizio alla Chiesa di Roma, e la Chiesa di Roma offre un prezioso servizio all’evangelizzazione nel mondo. E’ una vera "primavera di speranza" per la comunità diocesana di Roma e per la Chiesa! Ringrazio il Rettore e i suoi collaboratori del Seminario Redemptoris Mater di Roma per l’opera educativa che essi svolgono. Il loro compito non è facile, ma molto importante per il futuro della Chiesa. Li incoraggio pertanto a proseguire in questa missione, adottando gli indirizzi formativi proposti tanto dalla Santa Sede quanto dalla Diocesi. L’obiettivo a cui occorre mirare da parte di tutti i formatori è quello di preparare presbiteri ben inseriti nel presbiterio diocesano e nella pastorale sia parrocchiale che diocesana.
Cari fratelli e sorelle, la pagina evangelica che è stata proclamata, ci ha richiamato le esigenze e le condizioni della missione apostolica. Le parole di Gesù, riferiteci dall’evangelista san Matteo, risuonano come un invito a non scoraggiarci dinanzi alle difficoltà, a non ricercare umani successi, a non temere incomprensioni e persino persecuzioni. Incoraggiano piuttosto a porre la fiducia unicamente nella potenza di Cristo, a prendere la "propria croce" e a seguire le orme del nostro Redentore che, in questo tempo natalizio ormai al termine, ci è apparso nell’umiltà e nella povertà di Betlemme. La Vergine Santa, modello di ogni discepolo di Cristo e "casa di benedizione" come avete cantato, vi aiuti a realizzare con gioia e fedeltà il mandato che la Chiesa con fiducia vi affida. Mentre vi ringrazio per il servizio che rendete nella Chiesa di Roma, vi assicuro la mia preghiera e di cuore benedico voi qui presenti e tutte le comunità del Cammino Neocatecumenale sparse in ogni parte del mondo.
C’è il racconto stesso delle caratteristiche del Cammino neocatecumenale nelle parole accurate e rigorose scelte da Benedetto XVI per questo incontro nella Basilica Vaticana. C’è, naturalmente, il ringraziamento, rivolto anzitutto a Dio, per i “frutti spirituali” che attraverso il Cammino si sono raccolti in questi anni, per le “fresche energie apostoliche” suscitate tra i sacerdoti e i laici, per l’aiuto dato a quanti si erano allontanati dalla Chiesa e hanno ora ritrovato la gioia della fede e l’entusiasmo della testimonianza evangelica. Ma c’è anche, altrettanto ovviamente, il riferimento chiaro e continuo alla necessità che il Cammino neocatecumenale rimanga fedele a Cristo e alla Chiesa, in un percorso di “docile adesione alla direttive dei Pastori”, secondo uno spirito di “piena disponibilità al servizio del Vescovo”. L’evangelizzazione va condotta in spirito di unità (Benedetto XVI parla di “condizione indispensabile”) e il Cammino deve sapersi inserire in modo organico nella pastorale diocesana: obiettivo da raggiungere, nel caso concreto della diocesi di Roma, intensificando “la vostra adesione a tutte le direttive del Cardinale Vicario, mio diretto collaboratore nel governo pastorale della diocesi”. E quanto alla Santa Sede, la stessa recente approvazione degli Statuti è per il papa il segno della “stima e benevolenza” con cui da piazza San Pietro si segue “opera che il Signore ha suscitato” attraverso gli iniziatori Kiko Arguello e Carmen Hernandez.
Nelle parole del papa, in ognuna delle righe del suo discorso, non ci sono domande o richieste, ma certezze circa ciò che il modo con il quale il Cammino dove operare. Già subito dopo i saluti iniziali, il papa ricorda immediatamente che i neocatecumenali sono riuniti nella Basilica Vaticana per “rinnovare la stessa professione di fede” che Pietro fece a Gesù: “Tu sei il Cristo”. Una professione di fede fatta di fronte e alla presenza stessa del successore del “principe degli apostoli”, appunto Benedetto XVI. “La vostra presenza, così folta ed animata – afferma il papa - sta a testimoniare i prodigi operati dal Signore nei trascorsi quattro decenni; essa indica anche l’impegno con cui intendete proseguire il cammino iniziato, un cammino di fedele sequela di Cristo e di coraggiosa testimonianza del suo Vangelo, non solo qui a Roma ma dovunque la Provvidenza vi conduca”. “Un cammino – rimarca il papa tedesco - di docile adesione alle direttive dei Pastori e di comunione con tutte le altre componenti del Popolo di Dio”. “Voi questo intendete fare”, sottolinea Benedetto XVI, indicando lui stesso dunque le intenzioni di coloro che ha di fronte, escludendo ogni via alternativa. “Voi questo intendete fare – dice - ben consapevoli che aiutare gli uomini di questo nostro tempo ad incontrare Gesù Cristo, Redentore dell’uomo, costituisce la missione della Chiesa e di ogni battezzato”. Questo, per il papa, il contesto nel quale il Cammino deve operare ed esistere: l’itinerario iniziato da Kiko – ricorda il pontefice – “si inserisce in questa missione ecclesiale come una delle tante vie suscitate dallo Spirito Santo con il Concilio Vaticano II per la nuova evangelizzazione”. Non una via esclusiva, dunque, ma “una delle tante” che lo Spirito ha suscitato: sottolineatura importante per una realtà ecclesiale talvolta criticata per la sua tendenza all’esclusività e alla separatezza dalle altre esperienze del tessuto diocesano.
Ricordando la parrocchia dei Santi Martiri Canadesi in cui si costituirono le prime comunità del Cammino neocatecumenale a Roma, il papa passa in rassegna i risultati raggiunti nella città e nel mondo intero. “Come non benedire il Signore – si domanda - per i frutti spirituali che, attraverso il metodo di evangelizzazione da voi attuato, si sono potuti raccogliere in questi anni?”. E ancora: “Quante fresche energie apostoliche sono state suscitate sia tra i sacerdoti che tra i laici! Quanti uomini e donne, e quante famiglie, che si erano allontanate dalla comunità ecclesiale o avevano abbandonato la pratica della vita cristiana, attraverso l’annuncio del kerygma e l’itinerario di riscoperta del Battesimo, sono state aiutate a ritrovare la gioia della fede e l’entusiasmo della testimonianza evangelica!”. Una lunga esclamazione che segnala il ringraziamento da parte del papa per il “generoso servizio che rendete all’evangelizzazione di questa città e per la dedizione con cui vi prodigate per recare l’annuncio cristiano in ogni suo ambiente”.E’ a questo punto che Benedetto XVI sceglie di citare la recente approvazione definitiva degli Statuti del Cammino, che “è venuta a suggellare – dice - la stima e la benevolenza con cui la Santa Sede segue l’opera che il Signore ha suscitato attraverso i vostri Iniziatori”.
L’opera iniziata deve continuare, però, con uno stile ben chiaro e definito, in piena sintonia del resto con quanto sancito proprio negli Statuti. Ed ecco allora che “la vostra già tanto benemerita azione apostolica – scandisce il papa - sarà ancor più efficace nella misura in cui vi sforzerete di coltivare costantemente quell’anelito verso l’unità che Gesù ha comunicato ai Dodici durante l’Ultima Cena”. Questa “unità dei discepoli del Signore”, che è “dono delle Spirito Santo e incessante ricerca dei credenti”, è “condizione indispensabile” perché l’azione evangelizzatrice della Chiesa risulti feconda e credibile”. Ed ecco allora che pensando alle 103 parrocchie nelle quali il Cammino opera nella città di Roma Benedetto XVI con l’incoraggiamento a proseguire nell’impegno assunto esorta i neocatecumenali “ad intensificare la vostra adesione a tutte le direttive del Cardinale Vicario, mio diretto collaboratore nel governo pastorale della Diocesi”, dal momento che “l’inserimento organico del Cammino nella pastorale diocesana e la sua unità con le altre realtà ecclesiali torneranno a beneficio dell’intero popolo cristiano”. Poiché c’è bisogno – dice ancora il papa – di una “vasta azione missionaria che coinvolga le diverse realtà ecclesiali” e poiché è bene che “pur conservando ciascuna l’originalità del proprio carisma, esse operino concordemente cercando di realizzare quella "pastorale integrata" che ha già permesso di conseguire significativi risultati”, la considerazione che il papa rivolge ai membri del Cammino è quella che “ponendovi con piena disponibilità al servizio del Vescovo, come ricordano i vostri Statuti, potrete essere di esempio per tante Chiese locali, che guardano giustamente a quella di Roma come al modello a cui fare riferimento”. Interessante passaggio, questo, nel quale il papa indica la sua diocesi come esempio e modello per le altre diocesi.
La necessità di “adottare gli indirizzi formativi proposti dalla Santa Sede e dalle diocesi” è sottolineata anche per quanto riguarda la formazione nei seminari Redemptoris Mater, una risposta a quell’altro “frutto spirituale” costituito dal “grande numero di sacerdoti e di persone consacrate che il Signore ha suscitato nelle vostre comunità” e che ora sono impegnati in Italia e nel mondo intero rendendo un “generoso servizio alla Chiesa” e costituendo una vera e propria “primavera di speranza”. “L’obiettivo a cui occorre mirare da parte di tutti i formatori – precisa il papa - è quello di preparare presbiteri ben inseriti nel presbiterio diocesano e nella pastorale sia parrocchiale che diocesana”: parole che costituiscono un altro, nuovo, ulteriore e ancora una volta ripetuto accenno all’integrazione del Cammino nella realtà ecclesiale e al rispetto degli indirizzi formativi proposti. Il papa insomma non ha paura di ripetersi, di riprendere concetti già espressi, di sottolineare più e più volte, sotto ogni aspetto, quali sono le responsabilità – enormi – che il Cammino neocatecumenale ha di fronte, a maggior ragione adesso che l’approvazione degli Statuti è avvenuta in modo definitivo. Sono anche queste – conclude il papa – “le esigenze e le condizioni della missione apostolica”, che nelle parole del Vangelo risuonano come “un invito a non scoraggiarci dinanzi alle difficoltà, a non ricercare umani successi, a non temere incomprensioni e persino persecuzioni”, e che invece incoraggiano “a porre la fiducia unicamente nella potenza di Cristo”. Ed è nella preghiera alla Madonna che il papa chiede il Cammino sia aiutato “a realizzare con gioia e fedeltà il mandato che la Chiesa con fiducia vi affida”.
Questo il testo integrale del discorso del papa
Cari fratelli e sorelle!
Con grande gioia vi accolgo quest’oggi così numerosi, in occasione del 40° anniversario dell’inizio del Cammino Neocatecumenale a Roma, che conta attualmente ben 500 comunità. A voi tutti il mio cordiale saluto. In special modo saluto il Cardinale Vicario, Agostino Vallini, come anche il Cardinale Stanisław Ryłko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, che con dedizione vi ha seguiti nell’iter di approvazione dei vostri Statuti. Saluto i responsabili del Cammino Neocatecumenale: il Signor Kiko Argüello, che ringrazio cordialmente per le parole con cui si è fatto interprete dei sentimenti di tutti voi, la Signora Carmen Hernández e Padre Mario Pezzi. Saluto le comunità che partono in missione verso le periferie più bisognose di Roma, quelle che vanno in "missio ad gentes" nei cinque continenti, le 200 nuove famiglie itineranti, e i 700 catechisti itineranti responsabili del Cammino Neocatecumenale nelle varie Nazioni.
Questo nostro incontro si svolge significativamente nella Basilica Vaticana costruita sul sepolcro dell’Apostolo Pietro. Fu proprio lui, il Principe degli Apostoli che, rispondendo alla domanda con cui Gesù interpellava i Dodici sulla sua identità, confessò con slancio: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). Voi oggi siete qui riuniti per rinnovare questa stessa professione di fede. La vostra presenza, così folta ed animata, sta a testimoniare i prodigi operati dal Signore nei trascorsi 4 decenni; essa indica anche l’impegno con cui intendete proseguire il cammino iniziato, un cammino di fedele sequela di Cristo e di coraggiosa testimonianza del suo Vangelo, non solo qui a Roma ma dovunque la Provvidenza vi conduca; un cammino di docile adesione alle direttive dei Pastori e di comunione con tutte le altre componenti del Popolo di Dio. Voi questo intendete fare, ben consapevoli che aiutare gli uomini di questo nostro tempo ad incontrare Gesù Cristo, Redentore dell’uomo, costituisce la missione della Chiesa e di ogni battezzato. Il "Cammino neocatecumenale" si inserisce in questa missione ecclesiale come una delle tante vie suscitate dallo Spirito Santo con il Concilio Vaticano II per la nuova evangelizzazione.
Tutto ebbe inizio qui a Roma, quarant’anni or sono, quando nella Parrocchia dei Santi Martiri Canadesi si costituirono le prime comunità del Cammino neocatecumenale. Come non benedire il Signore per i frutti spirituali che, attraverso il metodo di evangelizzazione da voi attuato, si sono potuti raccogliere in questi anni? Quante fresche energie apostoliche sono state suscitate sia tra i sacerdoti che tra i laici! Quanti uomini e donne, e quante famiglie, che si erano allontanate dalla comunità ecclesiale o avevano abbandonato la pratica della vita cristiana, attraverso l’annuncio del kerygma e l’itinerario di riscoperta del Battesimo, sono state aiutate a ritrovare la gioia della fede e l’entusiasmo della testimonianza evangelica! La recente approvazione degli Statuti del "Cammino" da parte del Pontificio Consiglio per i Laici è venuta a suggellare la stima e la benevolenza con cui la Santa Sede segue l’opera che il Signore ha suscitato attraverso i vostri Iniziatori. Il Papa, Vescovo di Roma, vi ringrazia per il generoso servizio che rendete all’evangelizzazione di questa Città e per la dedizione con cui vi prodigate per recare l’annuncio cristiano in ogni suo ambiente.
La vostra già tanto benemerita azione apostolica sarà ancor più efficace nella misura in cui vi sforzerete di coltivare costantemente quell’anelito verso l’unità che Gesù ha comunicato ai Dodici durante l’Ultima Cena. Prima della Passione, infatti, il nostro Redentore pregò intensamente perché i suoi discepoli fossero una cosa sola in modo che il mondo fosse spinto a credere in Lui (cfr Gv 17,21). E’ questa unità, dono dello Spirito Santo e incessante ricerca dei credenti, a fare di ogni comunità un’articolazione viva e ben inserita nel Corpo mistico di Cristo. L’unità dei discepoli del Signore appartiene all’essenza della Chiesa ed è condizione indispensabile perché la sua azione evangelizzatrice risulti feconda e credibile. So con quanto zelo stiano operando le comunità del Cammino Neocatecumenale in ben 103 parrocchie di Roma. Mentre vi incoraggio a proseguire in questo impegno, vi esorto ad intensificare la vostra adesione a tutte le direttive del Cardinale Vicario, mio diretto collaboratore nel governo pastorale della Diocesi. L’inserimento organico del "Cammino" nella pastorale diocesana e la sua unità con le altre realtà ecclesiali torneranno a beneficio dell’intero popolo cristiano, e renderanno più proficuo lo sforzo della Diocesi teso a un rinnovato annuncio del Vangelo in questa nostra Città. In effetti, c’è bisogno oggi di una vasta azione missionaria che coinvolga le diverse realtà ecclesiali, le quali, pur conservando ciascuna l’originalità del proprio carisma, operino concordemente cercando di realizzare quella "pastorale integrata" che ha già permesso di conseguire significativi risultati. E voi, ponendovi con piena disponibilità al servizio del Vescovo, come ricordano i vostri Statuti, potrete essere di esempio per tante Chiese locali, che guardano giustamente a quella di Roma come al modello a cui fare riferimento.
C’è un altro frutto spirituale maturato in questi quarant’anni, per il quale vorrei ringraziare insieme con voi la Provvidenza divina: è il grande numero di sacerdoti e di persone consacrate che il Signore ha suscitato nelle vostre comunità. Tanti sacerdoti sono impegnati nelle parrocchie e in altri campi di apostolato diocesano, tanti sono missionari itineranti in varie Nazioni: essi rendono un generoso servizio alla Chiesa di Roma, e la Chiesa di Roma offre un prezioso servizio all’evangelizzazione nel mondo. E’ una vera "primavera di speranza" per la comunità diocesana di Roma e per la Chiesa! Ringrazio il Rettore e i suoi collaboratori del Seminario Redemptoris Mater di Roma per l’opera educativa che essi svolgono. Il loro compito non è facile, ma molto importante per il futuro della Chiesa. Li incoraggio pertanto a proseguire in questa missione, adottando gli indirizzi formativi proposti tanto dalla Santa Sede quanto dalla Diocesi. L’obiettivo a cui occorre mirare da parte di tutti i formatori è quello di preparare presbiteri ben inseriti nel presbiterio diocesano e nella pastorale sia parrocchiale che diocesana.
Cari fratelli e sorelle, la pagina evangelica che è stata proclamata, ci ha richiamato le esigenze e le condizioni della missione apostolica. Le parole di Gesù, riferiteci dall’evangelista san Matteo, risuonano come un invito a non scoraggiarci dinanzi alle difficoltà, a non ricercare umani successi, a non temere incomprensioni e persino persecuzioni. Incoraggiano piuttosto a porre la fiducia unicamente nella potenza di Cristo, a prendere la "propria croce" e a seguire le orme del nostro Redentore che, in questo tempo natalizio ormai al termine, ci è apparso nell’umiltà e nella povertà di Betlemme. La Vergine Santa, modello di ogni discepolo di Cristo e "casa di benedizione" come avete cantato, vi aiuti a realizzare con gioia e fedeltà il mandato che la Chiesa con fiducia vi affida. Mentre vi ringrazio per il servizio che rendete nella Chiesa di Roma, vi assicuro la mia preghiera e di cuore benedico voi qui presenti e tutte le comunità del Cammino Neocatecumenale sparse in ogni parte del mondo.
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